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Casa, proprio non ci siamo. Sallusti contro Draghi: il superbonus solo per pochi coraggiosi e i soliti evasori

Alessandro Sallusti
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Ci vorrà tempo per districarsi tra i numeri della prima manovra finanziaria targata Mario Draghi e capirne gli effetti reali una volta, come si dice in questi casi, che sarà "messa a terra". Trenta miliardi sono tanti soldi, questo è certo, ma a occhio - forse pensioni a parte ma con tanta gradualità - non ci sono guizzi rivoluzionari: solo un po' meno reddito di cittadinanza, solo un po' meno tasse e qualche beffa. Tipo quella sul superbonus del 110 per cento per ristrutturare casa, una delle poche buone cose fatte dal governo precedente per rimettere in moto la filiera dell'edilizia che è motore dell'economia.

 

Da ora sarà limitato ai condomini e ai proprietari di edifici monofamiliari a patti che i proprietari abbiano i Isee - parametro con cui si misura la ricchezza di una famiglia - inferiore ai 25 mila euro anno. Escludere dalla ristrutturazione agevolata le grandi o prestigiose ville - che presumono proprietari da redditi altrettanto grandi - è sicuramente cosa equa. Ma tagliare fuori dall'agevolazione milioni di italiani che fuori dai grandi centri urbani abitano casette modeste o vecchie dimore ereditate solo perché non sono poveri (una Isee di 25 mila euro si avvicina a tale definizione) è ingiusto e controproducente per loro e per l'economia.

Anche perché se una famiglia - diciamo padre, madre e due figli - pur lavorando vive con duemila euro mese non penso che il suo primo pensiero sia quello dell'efficientamento energetico e neppure quello della sicurezza sismica della propria casa. Morale: al superbonus accederanno pochi coraggiosi e i soliti furbetti evasori, così il nostro patrimonio edilizio privato continuerà a deperirsi con le conseguenze che si possono immaginare. Perché è accaduto tutto ciò non lo so, penso perché i singoli proprietari di casa della classe media non sono una lobby e non hanno santi in paradiso a differenza dei grandi gruppi finanziari padroni di molti dei palazzi delle grandi città. Ai quali, ecco la beffa, sarà consentito rimettere a nuovo il proprio patrimonio a spese dello Stato. Peccato, poteva andare meglio.

 

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