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Mario Draghi, dall'élite Bce ai partiti: ecco perché sta pensando alle dimissioni, indiscrezioni a Palazzo

Giuliano Zulin
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La Lega chiede di non tornare alla legge Fornero, i sindacati non accettano la proposta di quota 102 o quota 104, Giuseppe Conte promette barricate sul reddito di cittadinanza e ripropone il cashback (già accantonato dal premier qualche mese fa), il Pd insiste per un netto calo del cuneo fiscale (tutto da capire come sarà applicato comunque) e sul salario minimo, Confindustria invece auspica un ridimensionamento di quota 100 e del reddito di cittadinanza lamentando tuttavia poca convinzione nell'azione dell'esecutivo, Confedilizia lancia l'allarme catasto, l'Unione Europea è in pressing sul Recovery (che c'è sulla carta ma nessuno l'ha ancora visto a livello di cantieri), il ministro Brunetta si danna l'anima per far ripartire la pubblica amministrazione però non trova i cosiddetti tecnici capaci di scrivere - nero su bianco - i progetti. E adesso arriva la bomba Mps: il ministero dell'Economia trattava da settimane con Unicredit per sbolognare definitivamente la banca senese, carica di sofferenze e potenziali risarcimenti danni miliardari, ma sul prezzo è saltato tutto. Il governo ha poco tempo per cedere la quota di controllo dell'istituto, in base agli accordi presi con Bruxelles nel 2017 (governo Gentiloni). San Mario Draghi, come lo chiamavamo durante la battaglia alla Bce contro i falchi tedeschi, finora era riuscito a schivare le grane, soprattutto legate alla gestione Covid e Green pass, che i partiti ponevano, ora però non può tirarsi indietro. Fra pochi mesi si voterà il nuovo presidente della Repubblica, fra un anno e mezzo ci saranno le elezioni Politiche, dunque i leader sono in fibrillazione. E il fermento si riverbera nell'azione dell'esecutivo, il quale non ha ancora presentato la finanziaria, record negativo essendo a fine ottobre.

 

 

DIMISSIONI?
Vanno risolti i nodi, mediando come solo l'ex presidente Bce sa fare, tuttavia la pazienza ha dei limiti. Ieri Dagospia sosteneva che il premier si sarebbe rotto, dei veti incrociati politici, di essere tirato per la giacca, dei ministri che non fanno il loro dovere. Il sito di Roberto D'Agostino si spingeva addirittura a ventilare un'ipotesi dimissioni. Chissà, va detto che ogni giorno è una via crucis: domani il presidente del Consiglio vedrà i sindacati, ieri pomeriggio ha suonato il campanello Matteo Salvini. Prima Draghi era abituato a trattare con persone di tutt'altro calibro: capi di governo, governatori delle banche centrali, super economisti. Insomma, una elite ristretta. Soprattutto l'ex mister euro non doveva rendere conto a quasi nessuno, essendo la banca centrale europea in teoria indipendente. Ora invece deve rispondere ai partiti, tanti, che lo sostengono. Deve rispondere agli italiani che si fidano ovviamente di lui (pare non ci sia di meglio attualmente in giro) ma che iniziano a lamentarsi del caro-bolletta e non solo.

 

 

NEIN
A proposito di energia, ieri, manco a farlo apposta, 9 Paesi dell'Unione europea, Germania in testa, hanno risposto picche alla proposta dello stesso Draghi di centralizzare gli acquisti di gas per abbassare il prezzo del combustibile. Quindi assisteremo a un'impennata ulteriore (dopo il +30% della luce a ottobre) nei prossimi mesi, che non farà bene all'immagine del premier. Così come la scorsa settimana 14 Paesi, soprattutto dell'Est ma anche la Danimarca, hanno mandato a vuoto il consiglio europeo sull'immigrazione, chiedendo di realizzare muri. Manca una guida in Europa, dopo l'uscita di scena della Merkel, Draghi prova a riempire quel vuoto. Operazione non facile, non tanto perché qualcuno mette in dubbio il curriculum dell'ex banchiere centrale (ci mancherebbe), quando perchè se l'Italia, di cui è la guida, non farà i compiti assegnateli dall'Europa attraverso il prestito Recovery, anche la "reputation" di super Mario ne potrebbe uscire offuscata. Come dire: neanche tu, Draghi, sei riuscito a raddrizzare un Paese che promette, promette, però poi non mantiene mai. Ecco, il premier sa che non si può deludere la Ue, il Fondo monetario internazionale e tutte le istituzioni che da anni chiedono un cambio di passo dell'Italia. Anche quando risiedeva a Francoforte, Draghi auspicava un cambio di passo, mai visto. Questo è il momento storico. Una mini rivoluzione copernicana, che ha come obiettivo finale il cambio di mentalità degli italiani, affinchè diventino più europei. Giusto? Sbagliato? Draghi non vuol fare altro deficit in manovra, medierà ma fino a un certo punto. Altrimenti...

 

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