Pierluigi Bersani riesuma la "cosa rossa": ecco la sinistra che non fa mai i conti col suo passato
Non è un horror scadente, ma l'eterno complesso di vecchio nuovismo in cui è intrappolata la sinistra italiana. La Cosa 4, potremmo chiamarla. O meglio, così la chiama uno che di questo interminabile remake rossastro se ne intende, Pierluigi Bersani. Che in una torrenziale intervista a La Stampa ha rilanciato la (solita) proposta: «Caro Pd, serve una nuova Cosa di sinistra». Ovviamente pluralista, progressista, riformista, laqualsiasi-ista, in un profluvio di aggettivazione politologica che prova a innescare un clima di svolta epocale fin dalla madre di tutte le svolte (mancate), quella della Bolognina, quella che doveva seppellire il Pci con le macerie del muro di Berlino. Essì, perché il Pd a cui si rivolge l'ex segretario è già almeno la Cosa 3. La prima, l'originale, il sentiero interrotto che spiega tutto l'errare sinistrorso negli ultimi decenni, da Prodi a Grillo, nacque monca in quel novembre 1989. «Prima viene la cosa e poi il nome. E la cosa è la costruzione in Italia di una nuova forza politica», tuonava Achille Occhetto, e Nanni Moretti, già allora cineasta organico tra i più zelanti, si precipitò a girare appunto La Cosa, un documentario che raccontava le discussioni smarrite nelle sezioni, strette tra improbabili nostalgie del sol dell'avvenire e inverosimili conversioni socialdemocratiche.
Un decennio dopo, il Pds fu pensionato da Massimo D'Alema, che lanciò espressamente la "Cosa 2": un cantiere di tutte le forze progressiste per buttare il cuore oltre l'ostacolo (ovvero portare Baffino a Palazzo Chigi). Nei primi Duemila iniziarono i vagiti di quella Cosa 3 che portò alla comparsa del Pd. Tra i padrini, un nume tutelare del gattopardismo gauchista, il prof Michele Salvati, che parlava di «riunione di tutte le correnti riformistiche di cui tanto si è parlato a proposito dell'Ulivo, per formare così un partito di centrosinistra». Oggi ecco Bersani, con l'annuncio dell'ultima, ennesima Cosa ai taccuini di quello che fu il giornale della borghesia sabauda.
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Insomma, sono trent' anni che gli eredi della sinistra comunista sono intenti ad armeggiare con la Cosa definitiva e risolutiva, si trastullano col meccano ideologico dei nomi e delle formule («partitone o federazione, purché si metta in moto», arriva a dire lo smacchiatore mancato di giaguari). Non sarà perché, a proposito di "matrici", non hanno mai fatto seriamente i conti culturali, morali, persino personali, con la storia e l'idea stessa del comunismo? La definizione di Bersani di Cosa 4 avvalora il sospetto: «Le sinistre plurali che si ricompongono e un accordo coi Cinque Stelle», ovvero con un movimento in odor di finanziamento dal regime stalinista venezuelano e sdraiato sulle posizioni della Cina, ad oggi il più vasto totalitarismo sulla Terra, innegabilmente di "matrice" comunista. Il Pci, almeno, era una cosa seria.
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