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No green pass, il banco di prova per Mario Draghi: quel precedente di Reagan e Thatcher

Mario Draghi

Sandro Iacometti
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Settemila voli cancellati, 10mila tonnellate di merci bloccate, 30 miliardi di dollari di perdite. Ronald Reagan era in carica da soli sei mesi, ma ci pensò solo due giorni: il 5 agosto del 1981 gli 11.359 controllori di volo che scioperavano da 48 ore per chiedere l'aumento di stipendio e pensionamenti più rapidi furono licenziati su due piedi. Due morti, 710 licenziamenti e 11.291 procedimenti giudiziari. È questo il bilancio finale delle 51 settimane di braccio di ferro, tra il marzo 1984 e il marzo 1985, tra il governo guidato da Margaret Thatcher e circa 165mila minatori, insorti per la chiusura di 20 giacimenti e la minaccia di licenziamento per 20mila lavoratori.

 

 

Per i detrattori del presidente Usa e della lady di ferro i due episodi non sono altro che il simbolo del cinismo e della prepotenza liberista, di un'ideologia che schiaccia senza pietà chi intralcia gli ingranaggi dell'economia capitalistica. Per chi li venera come due icone immortali e inarrivabili Reagan e la Thatcher hanno respinto con fermezza e determinazione le pretese antieconomiche dei sindacati e riaffermato in maniera emblematica ed esemplare la supremazia del mercato e della legalità. Ma su una cosa concordano tutti: piaccia o no, quei due scioperi hanno segnato la carriera politica dei due leader conservatori, hanno rappresentato un punto di svolta per i due Paesi e hanno anche scritto un pezzo importante della storia dell'Occidente.

 

 

Ora è difficile immaginare che oggi in Italia possa succedere qualcosa di simile a quanto accaduto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Ma anche se la battaglia del green pass non sarà così cruenta, lunga e complicata come gli annunci di alcune categorie produttive potrebbero far credere, è comunque un importante banco di prova per Mario Draghi. Forse il primo vero problema con cui si trova a dover fare i conti. Ci sono già stati e ci saranno disordini, proteste, manifestazioni. L'ordine pubblico sarà turbato. Alcuni servizi si potranno bloccare, altri potranno andare a singhiozzo, la ripartenza dell'economia potrebbe essere messa a rischio. Nessuno pretende che Draghi sia come Reagan o la Thatcher. Però dal "whatever it takes" in poi anche lui è considerato una specie di semidio. Si tratta ora di capire come se la caverà con la politica reale. Se avrà la forza di tirare dritto, il suo cammino, e il nostro, potrebbero subire una sterzata che forse serve al Paese più dei soldi del Recovery. 

 

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