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Proclamarsi fascista non è reato: perché Draghi deve fare attenzione all'assalto della sinistra a Forza Nuova

Fausto Carioti
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La mozione con cui il Pd si appella alla XII disposizione transitoria della Costituzione («È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista») per chiedere al governo di «procedere allo scioglimento di Forza Nuova e di tutti i movimenti politici di chiara ispirazione neofascista» può essere ritenuta una provocazione, una manovra propagandistica in vista dei ballottaggi di domenica, la prima mossa per dichiarare fuori legge Fratelli d'Italia o una barzelletta. In ogni caso niente di giuridicamente fondato. A stabilirlo è una pila così di sentenze e pronunce emesse dai giudici in settant' anni di storia. Se c'è un caso che i partigiani del diritto costituzionale dovrebbero conoscere bene è quello di "Fascismo e libertà", movimento fondato all'inizio degli anni Novanta dal senatore (sino ad allora missino) Giorgio Pisanò. Un'organizzazione sopravvissuta ad ogni sentenza, in nome della sacrosanta libertà d'espressione garantita dall'articolo 21 della Costituzione: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».

 

 

È il caso più clamoroso, ma non l'unico. Si iniziò nel 1957 con una sentenza della Corte costituzionale, presieduta nientemeno che da Enrico De Nicola. Chiamati a decidere su quattro individui accusati di aver violato la "legge Scelba" del 1952, quella che attua la XII disposizione, i giudici delle leggi stabilirono che «l'apologia del fascismo, per assumere carattere di reato, deve consistere non in una difesa elogiativa, ma in una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista». Un anno dopo, la Corte di cassazione chiarì che affinché ci sia «vera e propria apologia del fascismo» sono necessari i due elementi «della idoneità ed efficacia dei mezzi rispetto al pericolo della ricostituzione del partito fascista». Fu quindi di nuovo la Consulta ad occuparsi di alcuni nostalgici che avevano «compiuto pubblicamente manifestazione usuale del disciolto partito fascista, tendendo il braccio nel saluto fascista-romano» o indossato la camicia nera per recarsi sulla tomba di Benito Mussolini.

 

 

Con parole chiarissime, i giudici costituzionali sancirono che il legislatore, «dichiarando espressamente di voler impedire la riorganizzazione del disciolto partito fascista, ha inteso vietare e punire non già una qualunque manifestazione del pensiero, tutelata dall'art. 21 della Costituzione, bensì quelle manifestazioni usuali del disciolto partito che possono determinare il pericolo che si è voluto evitare». Per violare la XII disposizione, insomma, non basta inneggiare al duce e indossare il fez. E nemmeno proclamarsi fascisti. Occorre fare molto di più, ossia operare per ricostruire concretamente quel partito. E se non si viola la legge Mancino del 1993, che punisce chi diffonde idee «fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico», si può proseguire con la propria attività di propaganda. È per queste ragioni che nel 1991 Pisanò poté chiamare la propria creatura "Fascismo e libertà". L'elenco delle denunce ricevute per violazione della legge Scelba è lungo, ma le decisioni dei magistrati sono state in linea con quella presa nel 1992 dal gip di Milano, il quale scrisse che, nonostante quel nome, il programma del movimento «non sembra incompatibile con i principi di libertà garantiti dalla Costituzione». Consentita pure l'adozione del fascio littorio come simbolo: «Si tratta semplicemente di richiamo ad una simbologia che, tra l'altro, non fa assolutamente più presa sulla popolazione italiana».

 

 

Anche per questi motivi, si presume che Mario Draghi sia cauto nel maneggiare la richiesta della sinistra di sciogliere per decreto Forza Nuova e le altre sigle di destra coinvolte negli scontri di Roma. Si contano solo tre precedenti del genere, nei confronti di Ordine nuovo e Avanguardia nazionale (sciolti in base alla legge Scelba) e del Fronte nazionale (sciolto per la legge Mancino). Ma in tutti questi casi i governi si sono mossi dopo che i tribunali hanno riconosciuto la natura illecita di quei movimenti. Cosa che per Forza Nuova ancora non è avvenuta, e vista la storia di Fascismo e libertà (ciò che ne resta è ancora lì, a inveire contro «il regime giudaico-marxista»), non è nemmeno scontato che accada. 

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