Il Nobel per la letteraturaa Gurnah? Perfetto: profugo, nero e anticolonialista
Ieri è stato proclamato il Nobel per letteratura, è Abdulrazak Gurnah. Nato nel 1948 a Zanzibar, già a vent' anni lasciò la Tanzania per andare a studiare in Inghilterra, dove attualmente vive a Brighton e insegna letteratura postcoloniale all'università del Kent. È autore di numerosi romanzi, di cui solo tre tradotti in italiano e pubblicati da Garzanti: Sulla riva del mare (2002), Il disertore (2006) e Paradiso (2007), tutti fuori catalogo e, almeno a nostra conoscenza, pubblicati senza lasciare rilevanti tracce critiche o di pubblico. E ancora una volta siamo costretti a dover raccontare ai lettori chi è il vincitore insignito del massimo premio letterario non sulla scorta della lettura delle sue opere, come sarebbe accaduto se, ad esempio, il Nobel fosse andato a Michel Houellebecq (che veniva considerato tra i papabili quest' anno) ma racimolando notizie dalla rete o, come altri faranno, interpellando specialisti che di Gurnah sanno tutto, e potranno finalmente godere dell'improvvisa celebrità caduta sul loro beniamino. Il quale, di là dal valore artistico dei suoi libri, è stato premiato soprattutto pe ril carattere politico, vorremmo dire per il "messaggio", come si diceva un tempo, che trasmettono i suoi lavori, e l'Accademia di Svezia lo dichiara esplicitamente nella motivazione: «Per la sua attenta e implacabile analisi degli effetti del colonialismo e del destino dei rifugiati nell'ampio divario tra culture e continenti».
LA FUGA - Gurnah stesso è un rifugiato, essendo scappato a diciotto anni da Zanzibar, in occasione della rivoluzione che rovesciò il sultanato e avviò la persecuzione dei cittadini arabi come lui. La questione postcoloniale e dei rifugiati non è solo il tema ricorrente della sua narrativa, ma anche dei suoi saggi, dedicati ad autori come Salman Rushdie e V.S. Naipaul che, come lui, hanno abbandonato i paesi d'origine e trovato la propria "casa", e la gloria letteraria, in Gran Bretagna. Paradossalmente però, a quanto rilevano alcuni giudizi critici sulla sua opera, nei romanzi di Gurnah i personaggi, a differenza di quelli di Rushdie più brillantemente assimilati o favolosamente vitali, non riescono mai a liberarsi delle loro radici e, il più delle volte, non colgono alcun particolare successo nel paese di adozione: al contrario, il sentimento prevalente è quello della solitudine e dell'alienazione. C'è da supporre che la vittoria del Nobel cambierà qualcosa nella prospettiva pessimistica di Gurnah e, volendo scherzare un po', si potrebbe anche supporre che gli accademici svedesi abbiano voluto confortare lo scrittore, quasi ricompensarlo, ricordandogli che l'Occidente sa anche essere generoso con chi è costretto a abbracciarne la lingua e la civiltà. Anche stavolta il campo si dividerà tra coloro (ma saranno veramente pochissimi, e non tutti in buona fede) che giureranno di conoscere da tempo Gurnah e la sua opera, e che il Nobel è un riconoscimento di cui è assolutamente degno, e gli altri, la maggioranza senza dubbio, che osserverà, non senza ragioni, che a differenza di quelli scientifici o economici, il premio Nobel per la letteratura, da molti anni, è semplicemente una bizzarria priva di serietà, un riconoscimento a metà tra lo sberleffo irriverente di un intellettuale ubriaco e la rampogna politicamente corretta di un liceale all'ultimo anno. Nell'elenco dei premiati dell'ultimo decennio troviamo nomi come l'oscurissimo poeta svedese Tranströmer e poi, appena più noti, la bielorussa Aleksievic, la polacca Tokarczuk, e di nuovo la allora ignota poetessa americana Louise Glück. Negli ultimi anni, poi, gli unici nomi che presumibilmente erano già ben noti al pubblico dei lettori sono Bob Dylan e Peter Handke. Naturalmente un premio letterario, e a maggior ragione il massimo, non deve sanzionare il già noto come deprecabilmente fanno i premi letterari italiani, che sembrano vivere di luce riflessa di libri già acclamati, anziché essere propulsori di novità con scelte spiazzanti- ma deve indicare la perla nascosta. Il problema è capire se i nomi che abbiamo elencato, cui si aggiunge ora quello di Abdulrazak Gurnah, siano perle nascoste o qualcos' altro che, con il merito prettamente letterario, c'entra poco. Noi crediamo che, ormai, quello del Nobel per la letteratura sia un gioco a carte scoperte: è semplicemente un fantastico, carnascialesco divertissement in cui alcune elette persone si divertono a esercitare il più stralunato arbitrio, come fanno gli dèi nei miti o i re negli antichi regimi, divinizzando o elevando persone per il puro piacere di farlo.