Stato-mafia, Alessandro Sallusti: "Perché i magistrati hanno creduto ai mafiosi?"
Non ci fu nessuna trattativa tra lo Stato e la mafia per mettere fine alla stagione stragi sta del 1993, semmai la mafia ha fatto credere il contrario per vendicarsi con lo Stato e con tre governi, compreso il primo Berlusconi, che non ne vollero sapere di allentare la morsa investigativa e giudiziaria sulle cosche. È questo il senso della clamorosa sentenza della Corte di Appello di Palermo di ieri (tutti assolti, compreso Marcello Dell'Utri) che mette fine a quasi dieci anni di veleni che i mafiosi hanno sparso a piene mani e che illustri magistrati hanno fatto loro.
Parliamo di procuratori importanti, da Antonio Ingroia (già finito in disgrazia di suo) a Nino Di Matteo, attuale membro del Consiglio superiore della magistratura. Ancora più in sintesi: non l'Arma dei carabinieri, non Silvio Berlusconi via Dell'Utri hanno mai avuto a che fare con la mafia. Ora c'è da chiedersi perché tra i mafiosi e uomini di Stato la magistratura aveva creduto ai primi e permesso di infangare i secondi. E perché illustri colleghi - capofila Marco Travaglio - anche di importanti quotidiani siano stati al gioco inquinando la democrazia oltre ogni limite. La vera storia di questa inchiesta e di questo processo non è quella raccontata dalle carte ed è ancora tutta da scrivere.
È la storia di un braccio di ferro tra fazioni di magistrati che per ambizioni personali e orientamenti politici hanno scatenato una feroce guerra dentro gli apparati dello Stato, usando anche documenti da subito apparsi falsi (il famoso papello in cui Totò Riina poneva le sue condizioni per sospendere gli attentati), senza risparmiare neppure il Quirinale, regnante Napolitano intercettato al telefono con l'ex ministro Mancino, e provocando la morte per infarto del consigliere giuridico del Colle Loris D'Ambrosio. Una guerra sporca insomma, perché ieri è stato stabilito che «i fatti non sussistono» e «non costituiscono reato». Siamo quindi di fronte a una bufala, a un falso storico montato e usato per fini di potere dentro la magistratura e per fini politici da molti mezzi di informazione.
Con un enorme danno alla credibilità del Paese, a una precisa parte politica (Forza Italia) e a tanti uomini - in primis Marcello Dell'Utri - le cui carriere e vite sono state massacrate senza alcuna ragione. Sarà banale e retorico dirlo ma lo diciamo: chi pagherà per questo scempio?