Romano Prodi, quante balle: quello italiano è un sistema mezzo-socialista
Intervistato dal Corriere della Sera, l'ex presidente del Consiglio e già spiritista Romano Prodi ha dichiarato che "Il riformismo deve trovare un'identità nuova dopo 35 anni di un liberismo che ha devastato i diritti sociali". Lasciamo perdere l'identità nuova del riformismo, che Romano Prodi può utilmente ricercare appartandosi in seduta con gli specialisti del ramo, a cominciare da quelli che organizzano l'affascinante avventura coi mentecatti a 5 Stelle, e domandiamo: ma dove, ma quando, ma come il "liberismo" avrebbe devastato i cosiddetti diritti sociali?
Abbiamo il 45% percento delle imprese in mano pubblica (45%! roba che fa invidia a Cuba), abbiamo il mercato del lavoro più ingessato dell'Occidente, il rapporto tra tassazione e servizi pubblici più squilibrato d'Europa, l'intermediazione burocratica che blocca il 5% del PIL, il numero maggiore al mondo di professioni protette, l'attività commerciale e produttiva afflitta da un aggravio di adempimenti amministrativi che non ha pari in nessun sistema di mercato, mentre nell'indice generale delle libertà economiche siamo in fondo alla lista e riusciamo a far peggio del Guatemala e appena un po' meglio del Marocco e del Bhutan.
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Che in questo bel quadro i "diritti sociali" siano sistemati male è anche possibile: ma a maltrattarli non è stato nessun modello liberista, bensì quello venezuelan-mandolinaro da cui scappa chi produce e che respinge chi vuol investire, il bel sistema realizzato nei decenni di retorica operaista che ha garantito agli operai gli stipendi più bassi del Continente. Qui ovviamente non è in discussione il diritto di avversare la soluzione liberista e di prediligere quella opposta: basta però che non si accrediti la fesseria per cui i mali italiani sarebbero imputabili alla prima e risolvibili adottando l'altra. Perché è nel sistema mezzo-socialista (e forse anche più che mezzo) che ci ritroviamo, non certo nel trionfo liberista che non ha mai visto nessuno, che si è prodotta la devastazione di cui si lagnano i riformisti del pomodoro di Stato.
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