Claudio Durigon, M5s e Pd alla frutta: la raccolta firme "balneare" contro il leghista
Al terzo giorno la polemica si è già trasformata in farsa e così la richiesta di dimissioni per il sottosegretario leghista Claudio Durigon è passata dal dibattito politico parlamentare alla raccolta firme on line. Uno sviluppo inglorioso, ma inevitabile vista la pochezza della questione che riassumiamo per chi, non a torto, se la fosse persa. Giorni fa partecipando a un comizio nella sua Latina (dove si voterà per rinnovare l'amministrazione comunale) Claudio Durigon ha lanciato l'idea di reintitolare un parco cittadino (prima dedicato a Falcone e Borsellino) alla memoria di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, cui il parco era stato dedicato in origine. Una querelle, quella rispolverata dal sottosegretario, che a Latina va avanti da decenni tra amministrazioni di colori diversi che si contendono l'intitolazione di quel luogo.
INDIGNATI
Appreso dell'intenzione espressa dal leghista, alla sinistra tutta non è parso vero di poter avere un terreno comune su cui polemizzare e far partire l'ennesimo linciaggio mediatico. In prima fila a mostrare fieramente il petto si è immolato Il Fatto Quotidiano, che proprio ieri ha lanciato la petizione on line sul proprio sito e sulla piattaforma change.org dal titolo evocativo "Durigon fuori dal governo". L'iniziativa è stata doppiata dal sindaco di Stazzema (Lucca) Maurizio Verona, «Promuoverò una petizione affinché Draghi lo rimuova». E ancora: «Non dobbiamo restare indifferenti se non vogliamo essere complici. Dobbiamo condannare sul nascere qualsiasi atteggiamento che diffonda l'ideologia fascista, un'ideologia criminale». Nell'esercito degli indignados, ovviamente, non poteva mancare una presa di posizione dell'Anpi, che dalla sua sezione di Trieste, tuona contro l'esponente leghista apostrofandolo duramente come: «siffatto figuro». Spiega il presidente Fabio Vallon: «Inneggiare al fascismo è incompatibile con qualsiasi ruolo governativo.
Se Durigon non ha neppure quel minimo sussulto morale necessario per presentare le proprie dimissioni volontariamente, che il presidente del consiglio gli revochi immediatamente le deleghe». Come detto al momento l'unico effetto provocato dall'uscita di Durigon è stato quello di miracolare la sinistra che si è ricompattata nella sua interezza, in un momento storico nel quale quello schieramento è diviso praticamente su tutto, dallo Ius soli alla patrimoniale, passando per le firme dei referendum sulla giustizia e il Ddl Zan. Tutti hanno attaccato l'esponente leghista anche se poi alla fine l'obiettivo vero resta lui, Matteo Salvini, che ieri sera ha difeso Durigon dalle telecamere di Zona Bianca, su Rete4: «La sinistra chiede le dimissioni di chiunque un giorno sì e uno no. Né in Lega né in nessuna parte c'è nessun nostalgico di nessun regime. Durigon è un bravissimo sottosegretario e papà di Quota 100. Noi abbiamo i piedi ben piantati nel presente e stiamo lavorando per il futuro. Fascismo e comunismo sono stati sconfitti per fortuna e si studiano sui libri di storia». Per tutto il giorno esponenti della sinistra hanno tirato per la giacchetta il leader del Carroccio. Ad esempio Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana): «Salvini ha parlato di tutto e di più, ma il suo sottosegretario Durigon dovrebbe togliere il disturbo al più presto dal governo Draghi». Idem Piero De Luca, esponente del Pd: «Salvini batta un colpo ed eviti questo silenzio terribile». In scia pure la pentastellata Giulia Lupo: «Salvini attacca la Lamorgese ma tace su Durigon. È arrivato il momento che il leader della Lega si faccia carico delle sue responsabilità di governo e chieda le dimissioni al suo indifendibile sottosegretario».
CONTROCORRENTE
Per l'esponente di Leu Francesco Laforgia, invece, «Durigon doveva essere rimosso da mesi dal suo incarico da sottosegretario. Oggi è ancora più necessario e urgente, affinché il governo si schieri univocamente dalla parte dell'antifascismo e della lotta alla mafia». Ad andare controcorrente è il presidente del Partito Liberale Europeo, Francesco Patamia: «Polemiche strumentali e fittizie. La vera posta in gioco è il disfacimento delle coalizioni e i tentativi di ricomposizione che stanno mettendo alla prova anche la politica nazionale».