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Fisco, Roberto Formigoni: il Pil cresce, ma senza taglio delle tasse non durerà

L'economia italiana cresce con un ritmo accelerato, e Draghi non manca di sottolinearlo, è un altro risultato positivo del suo governo. Le previsioni parlano di un aumento del Pil del 5%, l'Europa crescerà mediamente del 4%. Eppure la perdita del posto di lavoro e la povertà sono le maggiori preoccupazioni degli italiani secondo una recente indagine svolta dall'Ipsos. Il 59% degli intervistati è angosciato da queste paure, tanto da far collocare l'Italia al secondo posto a livello globale, dietro solo il Sudafrica con il 64%, mentre in Europa siamo al primo posto. Come mai, sbaglia Draghi o sbaglia il sentimento degli italiani?
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La verità è che avremo la crescita maggiore nel 2021 anche perché partiamo da un livello inferiore, la nostra economia è quella che ha subito di più i colpi del Covid, e non avevamo ancora del tutto recuperato le crisi del 2017 e del 2011/2012. Ma soprattutto il sentimento comune intercetta un dato di fatto reale che caratterizza la nostra economia da almenotre decenni. I nostri prodotti continuano ad essere competitivi nel mondo soprattutto per la genialità di tanti imprenditori e l'abilità e lo spirito di sacrificio di tanti lavoratori e artigiani. Ma a questo non corrispondono le condizioni di lavoro: parliamo di un sistema di trasporti ancora arretrato in troppi settori, di infrastrutture mancanti, di una burocrazia asfissiante.
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Parliamo soprattutto di un sistema fiscale assolutamente punitivo. Le nostre imprese producono un Pil (cioè una quantità di ricchezza) che è tra i primi dieci del mondo, ma le condizioni di lavoro sono dal trentacinquesimo posto in giù. Ciascuno dei soggetti attivi in Italia ha sulle spalle un fardello di inefficienze e di tasse imparagonabilmente più pesante dei nostri concorrenti. E questo avviene da decenni, e senza una riforma fiscale incisiva e rapida continuerà pesare per chissà quanto. L'enormità delle tasse, a cui purtroppo non corrisponde un'adeguata qualità dei servizi resi, equivale a risorse, cioè soldi, sottratti alle famiglie e alle imprese, e quindi ai redditi e ai consumi privati, e agli investimenti, che sono il carburante del progresso. La riforma fiscale è nel programma del governo Draghi, ma sarà affrontata non prima dell'autunno, e su di essa è prevedibile si scatenerà una guerra di religione ancor più aspra di quella cui abbiamo assistito per la riforma della giustizia.
La verità è che una seria diminuzione delle tasse è l'unica soluzione per un aumento del Pile quindi dei redditi delle famiglie e quindi dei consumi privati in grado di trascinare una crescita vera. La lotta sarà feroce, ma senza diminuzione delle tasse l'economia italiana non avrà un vera crescita. E gli italiani continueranno giustamente a temere per il proprio lavoro.
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La Postina con Zanellato diventa Dotta
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