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No-vax, Luciana Lamorgese condanna le manifestazioni: alla signora ministra va ricordato che anche loro esercitano un diritto

Iuri Maria Prado
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Dunque, come spiega la ministra della Polizia, bisogna "condannare" le manifestazioni in cui "si attaccano i vaccini". Ma perché non vietarle e basta? E perché non confezionare una bella ipotesi di reato in caso di violazione? Se la Lamorgese si consulta con il collega Speranza una fattispecie delittuosa la tira fuori sicuramente. Magari "vilipendio dell'inoculazione", o "oltraggio al prestigio vaccinale". È bene intendersi. Perché si può essere favorevoli alla vaccinazione di massa e alle pratiche per ottenerla, perfino con la previsione di aree di obbligatorietà, senza che tutto questo implichi che sia da condannare chi "attacca i vaccini".

 

 

Fino a prova contraria, e cioè fino a che non s' inventano un altro reato d'odio (potrebbero aggiungerlo al listone del ddl Zan: propaganda sierofobica), ciascuno ha il pieno diritto di dire peste e corna dei vaccini: e il dovere dello Stato non è di impedirglielo, ma di spiegare che invece è opportuno vaccinarsi. Macché: i vaccini non possono essere "attaccati", perché siccome fanno bene non si può dirne male. Alla signora ministra bisognerebbe spiegare che anche mangiare vitamine e calcio fa bene, e che a non assumerne ci si ammala: però se uno "attacca" gli agrumi e lo yogurt non fa delitto ma esercita un diritto.

 

 

La quale attribuisce libertà di espressione del pensiero senza curarsi del fatto che esso penda da una parte o dall'altra, anzi curando che sia garantita in favore di chiunque. Il risultato di questi vaneggiamenti è che le norme di comportamento sono rispettate per il timore di sottrarvisi anziché per la convinzione che siano giuste: è il modo tipico dei sistemi autoritari. Quindi, cara ministra, apra bene le orecchie (e glielo dice un pro vax senza riserve): «Vaccini di m***a!». 

 

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