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Beppe Grillo e Giuseppe Conte, Maurizio Costanzo: la storia insegna, i patti politici si fanno a tavola

 Conte e Grillo

Maurizio Costanzo
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Il pranzo in Toscana tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, induce a una serie di riflessioni. Innanzitutto è vero che a tavola si risolvono le questioni. E anche quella fra Grillo e Conte sembra essersi risolta davanti a una cernia. Perché proprio una cernia? Forse un altro pesce sarebbe stato meno utile alla pace? Poi hanno preso anche il dolce, ma i cronisti non ci hanno detto come era fatto questo dolce. Ma se, per ipotesi, uno avesse voluto mangiare due spaghetti e un altro un brodino, le cose sarebbero andate bene lo stesso? 

 

La storia ci insegna che a tavola si sono fatte le meglio e le peggio cose. C'è una vecchia canzone romana, dal titolo "La società dei magnaccioni", che a un certo punto intona «Portace un altro litro che noi ce lo bevemo ...». Io vedo Conte e Grillo al culmine dell'accordo che intonano: «Portace un altro litro che noi ce lo bevemo». Diciamo la verità: se l'incontro si fosse svolto in uno studio, con alle spalle le regolari bandiere dell'Europa e dell'Italia, il clima non sarebbe stato lo stesso. Ma in quel ristorante, con la sensazione di un mare a due passi, a mio parere tutto si è stemperato e, forse, i due hanno scherzato anche. Magari su Draghi o su altri. 

 

Se avete guardato bene la fotografia che Grillo ha fatto conoscere, vi accorgerete che c'è una complicità di sguardi e di gesti come due vecchi compagni di scuola che finalmente si ritrovano e parlano della professoressa di matematica o di quella biondina che piaceva a tutti ma non stava con nessuno. Non so quali saranno i frutti di questo pranzo, anche se apparentemente la mediazione, giustamente invocata da Di Maio, ha funzionato. Chissà se questa procedura a pranzo, magari con vista mare, non possa, in futuro, procurare soluzioni di problemi irrisolti. Fino a qualche anno fa, in alcuni ristoranti di Trastevere (o forse ancora oggi) a un certo punto arrivava un cantante o uno stornellatore e, al di là della "Società dei magnaccioni", cantavano canzoni che rimbalzavano tra i commensali. 

Nello specifico, Conte avrebbe potuto cantare a Grillo «Caro Beppe, sulla mia onestà non ci passa uno spillo» e, Grillo, «Caro Conte, quando arriva il cameriere, data l'assonanza, paghi tu». L'importante, però, al di là delle facezie, è che Beppe Grillo e Giuseppe Conte si siano parlati, non per il bene del Movimento 5Stelle, ma per la politica italiana che non deve vivere stalli. 

 

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