Alessandro Sallusti, il retroscena: M5s sbandato e la ripicca di Giuseppe Conte, il governo Draghi rischia
Il problema si chiama Giuseppe Conte, ed è un caso umano più che politico. L'ex premier proprio non ci sta a essere stato messo da parte, nonostante in realtà non abbia né arte né parte. Tre anni fa entrò in campo con i gradi di capitano neanche dalla panchina ma direttamente dalla tribuna per mancanza di titolari agibili: Di Maio e Salvini, vincitori delle elezioni del 2018, si annullavano a vicenda, Berlusconi e Renzi erano azzoppati, Draghi dirigeva il traffico alla Banca centrale europea.
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Così Conte ebbe la sua occasione, se l'è giocata al meglio delle sue possibilità ma riserva era e riserva è rimasto ora che tutti i titolari della politica sono tornati agibili. Lui ovviamente, e per certi versi legittimamente, non ci sta a tornare in tribuna e così si è messo a fare casino nello spogliatoio nell'illusoria speranza di poter riprendere il ruolo che ha avuto, quello della star al centro dei riflettori e in cuor suo pure un domani Palazzo Chigi. Il suo obiettivo è chiaro: intralciare e ostacolare il lavoro di Mario Draghi, l'uomo che gli ha rubato ruolo e scena.
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Così prima ha tentato di prendersi a forza una cosa che non è sua, il Movimento Cinque Stelle, pensando che Grillo fosse totalmente rimbambito. Fallito l'assalto, si è messo per ripicca a fare da sponda ai guastatori grillini, tipo Di Battista, che fino a ieri aveva snobbato. Lo scopo di Conte è solo uno: spaccare M5S in due tronconi in modo da mettere in difficoltà i ministri grillini di fede draghiana, a partire da Di Maio che nella sua testa, in quanto a presentabilità e curriculum (vice premier, ministro degli Esteri, capo del Movimento) è l'unico concorrente temibile per la futura leadership di quell'area.
Fino a qui sarebbero problemi suoi, se non fosse che deputati e senatori grillini sono così frastornati e inesperti da applaudire chiunque parli. Stanno con Grillo se si presenta Grillo, con Conte se arriva Conte, con Di Maio se esterna Di Maio. E questa incertezza è più pericolosa di una frattura netta perché nessuno, neppure Draghi, può sapere come andrà a finire.
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