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Silvio Berlusconi, Alessandro Sallusti e il piano per eleggere l'ex premier al Quirinale: "Ha la lucida follia dei visionari"

Alessandro Sallusti
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Silvio Berlusconi candidato Presidente della Repubblica è una ipotesi apparentemente folle data l’età e lo stato giuridico dell’interessato. Ma è una ipotesi sul tappeto, al punto che ieri l’ha rilanciata Francesco Verderami sul Corriere della Sera con l'aggiunta di qualche particolare, tipo che il Cavaliere avrebbe già dalla sua 476 grandi elettori (deputati, senatori e rappresentanti delle regioni che a maggioranza sono di Centrodestra) sui 505 necessari all'elezione. La prima volta che ne sentii parlare era il 29 settembre 2016, giorno del suo ottantesimo compleanno. Colazione ad Arcore, i figli e i suoi amici di sempre. Domandone finale al caffè: «Adesso ognuno di voi mi dica che cosa dovrei fare nel tempo che mi rimane», e fu un elenco di consigli di buon senso, cioè di vivere la comoda e piacevole vita che per anni si era negato.

Lui ascoltò tutti finto interessato fino a che un commensale, ultimo del giro, disse: «Il Presidente della Repubblica», suscitando imbarazzo tra i presenti ma non in lui. «È la risposta esatta», commentò il padrone di casa con certezza e tono che rendevano irrevocabile la decisione. In effetti Silvio Berlusconi, tra le tante fortune che ha avuto, non è mai riuscito a incrociare da capo di una maggioranza l'elezione per il Quirinale, a volte per un soffio o una manciata di voti: non nel 1999 (Ciampi), non nel 2006 (Napolitano), non nel 2013 (Napolitano due) non nel 2015 (Mattarella). Neppure oggi ha una maggioranza sua, né è il leader della coalizione cui appartiene. Ma forse mai come questa volta, paradosso della storia e della logica, in teoria potrebbe farcela.

 

 

 

 

Dopo quella prima volta alla tavolata di Arcore mi è capitato più volte di tornare con lui sull'argomento, anche abbastanza di recente. E ogni volta non gli ho nascosto le mie perplessità - non certo legate alla statura dell'uomo- sul fatto che la cosa sia fattibile. E lui ogni volta mi ha ringraziato perché sostiene che quando un suo collaboratore ritiene impossibile un traguardo che , è nella sua testa è proprio la volta che il sogno si realizza. Racconta che è stato così quando giovane imprenditore convocò i suoi esperti sostenendo che avrebbe costruito la prima moderna città satellite (Milano due), quando spiegò che avrebbe comperato una gloriosa ma scalcinata squadra di calcio per farla diventare la più blasonata del mondo (il Milan), quando partendo da uno scantinato di Milano spiegò il progetto di mettere su la prima televisione nazionale privata che avrebbe fatto concorrenza alla Rai (Mediaset), quando convocò il suo stato maggiore per comunicargli che avrebbe fondato un partito e che di lì a pochi mesi avrebbe vinto le elezioni e sarebbe diventato primo ministro (Forza Italia).

E anche oggi tutti a dire: ma è anziano, ma è malconcio, ma è ancora inguaiato nei tribunali. E lui sornione ascolta e ribatte: «Vero, ma è come quando si elegge il Papa: l'importante è riuscire a entrare nel conclave, una volta lì ci penso io». Lo confermo, il piano esiste, e non solo nella sua testa. Se ne parla, si conta e riconta, si lavora per tenerlo il più possibile lontano da tentazioni e incidenti a costo di farlo apparire come un segregato. Sul progetto con lui, quanto convintamente alla fine lo vedremo, ci sono gli alleati storici Salvini e Meloni, e poi ci sono le mezze promesse di interessamento strappate a Matteo Renzi e forse financo - come lascia intendere Verderami - all'ala contiana dei Cinque Stelle.

 

 

 

 

Con Berlusconi la logica ordinaria non funziona. Lui ha la lucida follia dei visionari. E, cosa non trascurabile, ha pure le capacità da statista che solo chi è in malafede può negargli. Un liberale «sinceramente democratico» più di tanti che si professano tali, sicuramente più di Giorgio Napolitano, salito al Colle nonostante un passato da comunista ortodosso ai tempi di Togliatti e Stalin che lo portò prima a difendere l'invasione sovietica dell'Ungheria del 1956 e poi a benedire l'esilio nei Gulag di Solzenicyn del 1974. Di fronte a queste manovre, in Forza Italia qualcuno storce il naso: «Ecco, il capo pensa solo a se stesso». Razza di stolti, Berlusconi sarebbe il primo Presidente della Repubblica di Centrodestra nella storia della Repubblica, con tutto quello che potrebbe discenderne. Sarebbe dare il senso a una storia politica e culturale di una buona parte del Paese, non so a voi ma a me non sembra poco.

 

 

 

 

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