Mugello e il caso di Nicola, i pericoli di un utopico ritorno alla natura: vivere nel bosco una scelta irresponsabile
La vicenda del piccolo Nicola Tanturli, che dopo due notti all'addiaccio è stato ritrovato mercoledì da un giornalista Rai e dai carabinieri, dovrebbe far riflettere tutti quelli che, sulle orme di Rousseau (il filosofo ginevrino, non il sito dei grillini) credono a uno stato di natura felice e radioso, corrotto dall'avidità e dal mero interesse economico che regolano tutti i rapporti della vita cittadina e, nonostante lo stesso Rousseau lo ritenesse impossibile, ambiscono a ritornare a quel remoto paradiso terrestre dove, in francescana armonia, tutte le creature dialogano e si sostengono benevolmente.
Questo tipo di pensiero ha visto e vede varie incarnazioni, innanzitutto il trascendentalismo americano di Thoreau, il quale nella prima metà dell'Ottocento visse per due anni da eremita in una capanna sulle sponde del lago Walden e dall'esperienza trasse un celebre libro che è diventato la bibbia di quanti agognano il ritorno alla natura incontaminata. Nel Novecento ci sono stati movimenti hippie, i fricchettoni, i figli dei fiori, e oggi esistono comunità, come la Valle degli Elfi a Piagnolo (Reggio Emilia) dove si rifiuta ogni contatto con la tecnologia e si cerca di vivere solo grazie ai doni della natura. La famiglia di Nicola, che vive in una casa colonica ristrutturata circondata dai boschi, non è inserita in una comunità di quel tipo, e per certi versi fa una scelta ancora più estrema, perché più solitaria. Davvero vicina alle idee di Thoreau, o alla famiglia protagonista del film "Le meraviglie" di Alice Rohrwacher - anch' essa, come i Tanturli, apicoltori che hanno tagliato tutti i ponti con la corrotta società dei consumi e dello spettacolo-, per campare ritengono sufficienti un tetto sulla testa, le capre e le api.
Le porte non vengono chiuse a chiave, perché nella logica anarcoide e libertaria, una serratura è un congegno diabolico che rinchiude le persone come si faceva, prima di Basaglia, con i pazienti psichiatrici. I bambini come Nicola possono essere lasciati incustoditi, perché la sorveglianza è oppressione, e devono subito imparare il sacro valore dell'autonomia e dunque, perché no, anche a fare da soli brevi escursioni di poche decine di metri - così ha detto il padre -, fuori di casa. Non stupisce che sia emerso che, prima di Nicola, anche il fratellino maggiore, in passato, sia scomparso e per fortuna ritrovato dai genitori con l'aiuto di alcuni vicini della valle, senza che allora venissero avvertiti i carabinieri.
Espressa la nostra gioia per il fatto che Nicola sia stato ritrovato con appena qualche livido e graffio, dobbiamo però sottolineare quanto sia pericoloso, irresponsabile e utopistico il sogno del ritorno alla natura. Del vivere senza regole, senza divieti, in una pretesa imitazione dei branchi animali, come se gli animali non le avessero, e invece, come ogni etologo può spiegare, dalle formiche ai mammiferi, sono proprio regole ferree e meccanismi di protezione dettati da istinti infallibili che assicurano la preservazione della specie. Non il mito dell'abbandonarsi alla natura, la quale non è né buona né leopardianamente matrigna ma, semplicemente, indifferente ai destini umani.
Se un bambino si perde in una zona come quella in cui si è trovato per due notti, incredibilmente, Nicola, e quella zona è battuta da cinghiali e lupi, il fatto che sia stato ritrovato vivo non è perché, come in certe favole o miti, quegli animali lo abbiano volontariamente risparmiato o nutrito, ma perché fortunatamente non l'hanno trovato.
Quello della microsocietà che fa da sé, della famiglia che si isola dalla società corrotta, è per l'appunto un mito affascinante quanto si vuole ma che si scontra, come dimostra la vicenda di Nicola, con la reale pericolosità della vita. La quale richiede, alla bisogna, l'intervento di forze dell'ordine, e perfino di giornalisti, questi rappresentanti della società dello spettacolo in continua ricerca di visibilità che però ti ritrovano il figlio che tu, padre, infarcito di deteriore permissivismo, non hai saputo preservare dal pericolo.
È molto bello vivere tra i boschi, campare sulle coste del Pacifico in una baracca vendendo focacce, e tutti gli altri gesti di rivolta rispetto a una società che, certo, fa abbastanza schifo. Purtroppo, però, soprattutto se si ha la responsabilità di cuccioli della specie umana, bisogna imparare che ci vogliono regole e divieti, controlli e serrature, insomma, tutte quelle cose orrende che, agli occhi dei fuoriusciti, fanno sembrare le città altrettanti manicomi. Vivete pure tra api e capre, ma imparate che una volta persa l'innocenza di Adamo ed Eva nel giardino delle delizie, non la si riacquista più.