Ddl Zan, la storia infinita: Italia, una lotta tra Stato e preti da Cavour e fino al referendum
troppo tardi. Ma per comodità - altrimenti non si finirebbe più - circoscriviamola a questi 160 anni. Proveremo a individuarne alcuni nodi di scontro -incontro. Con una premessa. L'I-t-a-l-i-a è qualcosa che esisteva ed esiste prima di essere Stato, e ne rende possibile l'esistenza. Ed essa è quello che è, un unicum assolutamente imparagonabile a qualunque altra entità politico -geografico -culturale -spirituale esistente sulla faccia della terra, perché l'Italia consiste nella compresenza di due persone, cose, corpi, fedi, concetti che si attirano e si respingono e si abbracciano, eccetera.
Due anime, due teste, due capitali. Sono in guerra tra loro, fanno pace, si fondono, si distinguono, insomma hanno reso e tuttora rendono questa Repubblica il Bel Paese, dove gli atei non riescono a non essere cattolici, e dove i cattolici quando diventano presidenti o ministri evitano accuratamente di nominare Dio, a differenza che in America e persino ormai in Russia. Nel nostro inno invece Iddio compare di striscio, lo si fa intervenire giusto un secondo per creare l'Italia schiava di Roma, e poi a casa sua. Giusto così. Perché da queste parti, vedi Oriana Fallaci, Dio, il Dio cattolico, è nelle cose, nel suono delle campane, e bestemmiarlo è un atto improprio di fede. A sua volta l'inno pontificio parte con un'esaltazione dell'Urbe. «Roma immortale di Martiri e di Santi, /Roma immortale accogli i nostri canti». Non era previsto accogliesse i bersaglieri, ma alla fine c'è posto per tutti.
LA CONFESSIONE
1861 dunque. Nacque l'Italia e morì il suo principale artefice, Camillo Benso conte di Cavour. Per capire il clima che si respirava in alto e in basso, basti dire che il trapasso dello statista fu profetizzato da don Bosco insieme a malattie e sciagure per la casa reale e chi voleva demolire il Papato identificato con la Chiesa. Stentiamo a capirlo oggi. Il Papa riteneva dover essere Re per difendere il Regno di Cristo, e non perché spirituale e materiale coincidessero, ma perché il "dolce Cristo in terra" (non tanto dolce alle volte) non fosse sotto il tallone di un sovrano, fosse pure cattolico. La libertà di professare pubblicamente la fede. È la stessa argomentazione con cui il Vaticano chiede oggi al governo di correggere la legge sulla omolesbotransbifobia.
Per questo Pio XI volle i Patti Lateranensi e il Concordato con il Regno d'Italia del 1929. Voleva avere garanzie certe, internazionali, di libertà per la Chiesa, la quale avrebbe aperto il suo ombrello per riparare tutti i soggetti. Riconobbe così lo Stato laico, inteso come alieno da ideologie che pretendessero di schiacciare le diverse famiglie spirituali. Quel che capitò con la morte di Cavour racchiude i termini ancora attuali del contendere. Bisogna con lamente andare in Vaticano il 25 luglio del 1861. Quel giorno è convocato in udienza da Pio IX, padre Giacomo da Poirino, francescano. Il conte di Cavour era scomunicato, e lui l'aveva assolto. Dice il Papa: «Mettetevi davanti a me, e rispondetemi. Voi dunque avete confessato Cavour?». Padre Giacomo: «Santità, io confesso tutti quelli che mi chiedono di confessarsi da me». Pio IX: «Intanto, ditemi un poco, questa ritrattazione di Cavour esiste o no? Se esiste pubblicatela. Se no, dichiarate che avete mancato al vostro dovere d'imporgliela». Padre Giacomo: «Di ritrattazioni io non so nulla. Se l'ha fatta o non l'ha fatta io non lo so». Il dialogo proseguì. Il Papa perse la pazienza: «No che non avete fatto il vostro dovere. E perciò dichiarate in iscritto che mancaste al vostro dovere di obbligarlo a ritrattare». Padre Giacomo: «Sono pronto a soffrire ogni cosa, anche la morte, andrò sul patibolo, ma dirò sempre che non posso». Non gli successe gran che. Prese una lavata di capo dai superiori, gli fu tolto per un certo periodo il ministero della confessione, perse il ruolo di parroco. Capitava di peggio ai preti che disobbedivano al governo liberale sì ma a modo suo. Oltre la confisca dei beni, il carcere.
PRAGMATISMO
In realtà, la confessione e la morte da buon cattolico di Cavour fu una grande mossa politica. Furba o sincera non si sa. Di certo, scandalizzò sia gli anticlericali che i clericali, per opposte ragioni. Con il suo gesto affermò al più alto livello che si poteva essere cattolici, incorrere nelle ire del Papa, ma non in quelle di Dio. Assolto! In questo senso era più clericale del Papa, usava un sacramento per la sua propaganda post mortem, fantastico. E perciò, secondo Pio IX, era più pericoloso Cavour di Garibaldi, al punto di fargli dire: «Preferisco il terremoto Garibaldi al colera Cavour». E dire che Garibaldi aveva chiamato un suo asino Pio IX, e fatto approvare al Congresso internazionale della pace a Ginevra, al punto 6 del programma, questo anatema: «Il papato, come la più nociva delle sette, è dichiarato decaduto dal consorzio delle umane istituzioni». E Garibaldi contava alquanto. Si può capire una certa ritrosia a consegnarsi a simili anticlericali.
I quali, già morto e stra-morto da tre anni, non lo assolsero affatto, e cercarono di gettarlo nel Tevere al grido di «A fiume il Papa porco» Pio IX quando si arrese ai bersaglieri, in una città di Roma totalmente indifferente, si definì «prigioniero». Si confinò in Vaticano. Rifiutò la legge delle guarentigie che gli assicuravano libertà di esercizio del culto e del magistero, ma non avevano potenza di riconoscimento davanti al consesso delle nazioni. Ci si rese conto però, da una parte e dall'altra del Tevere, che un'Italia dove i cattolici fossero trattati come dhimmi (i cristiani sotto il Sultano ottomano), e i loro vescovi vedessero il governo come un Anticristo, non poteva far del bene a nessuno. Del resto siamo cattolici, non puritani, e un certo pragmatismo si è piano piano affermato.
Con l'ingresso di formazioni cattoliche in politica, si sono poste le premesse per la Conciliazione di Ratti e Mussolini, con i Patti Lateranensi e i Concordati introdotti nella Costituzione più bella del mondo, nonostante l'opposizione di socialisti e laici. Dal 1929 due volte il Vaticano fece valere, prima del ddl Zan, le clausole di opposizione. Nel 1938 Pio XI cercò di frapporsi inutilmente alle leggi razziali. Paolo VI protestò nel 1967 una violazione del Concordato nella proposta di legge Fortuna perché veniva a intaccare gli effetti civili del matrimonio religioso. Vennero quindi i referendum, ma furono scelte appoggiate dal Vaticano ma in fin dei conti laiche, una porzione di popolo con pari legittimità civica alla restante parte. In fondo si chiama democrazia, e ad essa possono partecipare tutti, etero, omo, trans, e persino i preti.