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Mario Draghi, non soltanto Salvini e Berlusconi: il suo esercito si rinforza, ecco gli ultimi nomi "arruolati"

 Mario Draghi

Fausto Carioti
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Mario Draghi non sta creando un proprio esercito: ci sono altri che lo fanno per lui. Senza che il diretto interessato li benedica o li fermi. È l'intero sistema politico, a dirla tutta, che si sta riconfigurando attorno al presidente del consiglio: con lui o contro di lui, e non solo nelle battaglie di oggi, ma anche in vista di quelle dei prossimi anni. Non c'è alcun disegno comune, nessuno che tiri i fili. Semplicemente, in un sistema destabilizzato dalla strana alleanza che sorregge il governo, dall'ipoteca che Bruxelles ha messo sul Paese e dal taglio dei parlamentari, Draghi rappresenta l'unica certezza e un "marchio" politico forte. I soldi della Ue arriveranno grazie a lui, le vaccinazioni marciano e l'economia sta ricominciando a crescere: più del 5% quest' anno, pronostica Renato Brunetta. Inevitabile che i pezzi della scacchiera si posizionino sul premier. Matteo Salvini, ad esempio. Dopo essere entrato nella maggioranza, ha stretto un patto con Silvio Berlusconi, privilegiando il «centrodestra di governo» al centrodestra tout court (la differenza tra il primo e il secondo si chiama Giorgia Meloni).

 

 

E ieri ha fatto un passo avanti, proponendo di alleare i tre gruppi europei «alternativi alle sinistre». Significa federare il suo, Identità e democrazia, con quello dei Conservatori e riformisti e col Partito popolare europeo, cui appartiene Forza Italia. Possibilità di riuscita? Zero, perché i popolari tedeschi e degli altri Paesi non accettano accordi con le sigle sovraniste loro connazionali. Ma la cosa non turba Salvini, poiché le ragioni della sua mossa sono tutte italiane: avvicinarsi agli europeisti del Ppe, per i quali Draghi è un leader "di fatto". Forza Italia, va da sé, si è subito arruolata nell'"esercito di Draghi". Brunetta, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna si sentono parte del governo come se fosse l'ennesimo esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. Il quale, peraltro, è stato il primo a indicare nell'ex presidente della Bce la stella da seguire.

 

 

Geneticamente «draghiana» pure la formazione di centrodestra che si è raccolta attorno al sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. L'obiettivo è portare Draghi al Quirinale, e l'ex ministro Gaetano Quagliariello lo scrive chiaro: «Il nuovo contenitore ha già portato in dote una decina di voti che fino a qualche giorno fa sarebbero stati ascrivibili all'altra parte. Lasciateci lavorare». Si spiega così, col «fattore D», pure il tentativo con cui Luigi Di Maio prova a liberarsi dalla tradizione forcaiola dei Cinque Stelle. L'obiettivo è trasformare il movimento del «vaffa» in un partitino moderato e clientelare, fedele più al premier che a Giuseppe Conte, lasciando i fondamentalisti grillini liberi di andarsene con Alessandro Di Battista. Del resto, che possono fare Di Maio e gli altri miracolati, se non accodarsi a Draghi e pregare di rimediare così un altro giro di giostra? Speranza che appartiene pure a Matteo Renzi e ai suoi, nonché a una quota degli eletti del Pd, dove i perplessi dalla leadership di Enrico Letta aumentano ogni giorno. Ambizioni slegate tra loro, divise tra chi a febbraio vuole spedire il presidente del consiglio al Quirinale e chi lo vorrebbe a lungo a palazzo Chigi, ma che partono dalla stessa consapevolezza: Draghi comanda oggi e con ogni probabilità comanderà pure tra un lustro, cosa che non si può dire di nessun altro.

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