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Magistratura, per arginare giudici e pm che fanno politica basta la Costituzione

Iuri Maria Prado
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Siamo sicuri che siano "le liti" tra i magistrati a far brutta impressione sui cittadini che hanno ormai perduto qualsiasi fiducia nell'amministrazione della giustizia? Che poi fiducia non hanno veramente mai avuto, perché si trattava perlopiù di una speranza mal riposta a che la magistratura risolvesse un po' di problemi del Paese: e cioè assumesse la funzione di tutela sociale che ad essa non compete e che essa invece (questo, forse, è il padre di tutti i problemi) rivendica e pretende di esercitare. Di fatto, e in ogni caso, non sono gli stracci che volano tra le procure ad arrecare discredito a una corporazione che non era migliore quando faceva i suoi mastruzzi a microfoni spenti e senza il giro di veline cospirazioniste che sta allietando queste ultime fasi del basso impero togato.

 

 

INCIVILIMENTO - E vale la pena di ricordare che se è vero - verissimo - che alcune grandi riforme sono di essenziale importanza per l'incivilimento del nostro sistema della giustizia, a cominciare dalla separazione delle carriere dei magistrati, è altrettanto vero che le troppe intemperanze (chiamiamole sofficemente così) cui ormai da decenni si lascia andare la magistratura corporata troverebbero nelle leggi già esistenti, e in primo luogo nella Costituzione della Repubblica, più che bastevoli motivi di impedimento.

Non serviva nessuna riforma e nessuna legge nuova, infatti, per ritenere inammissibile il comportamento del manipolo dei pm milanesi che insorgeva quando i legittimi poteri parlamentari e di governo approvavano provvedimenti che, buoni o cattivi, sono rimessi alla competenza chi ha il potere di fare le leggi, non al gradimento di chi ha il dovere di applicarle: quella del cosiddetto "pool" era una volgare sedizione eversiva, con riflessi di puro golpismo quando tirava ad accreditarsi in faccia al popolo che chiedeva a quegli inquisitori di far sognare gli onesti sbattendo in galera la gente per tenercela finché non confessava.

 

 

INFORMAZIONE ASSERVITA - E non serve ora nessuna riforma e nessuna nuova legge per ritenere intollerabile, e meritevole di sanzione, il comportamento del magistrato che organizza conferenze stampa a margine dell'ultimo rastrellamento e spiega davanti a una bolgia di telecamere che così si compie la sua rivoluzione. E non serve nient' altro che il rispetto dello Stato di diritto per farla finita con le star della magistratura che fanno le loro requisitorie su palchi dell'informazione asservita mentre la classe politica cammina sulle uova sperando che il prossimo avviso di garanzia sia per l'avversario. Le vedremo, dunque, queste riforme, e vedremo quante di esse potranno dirsi benvenute (alcune già si presentano male, come il lavoro giudiziario che pretende di migliorarsi nell'appalto ai mediatori, o come il diritto all'appello ulteriormente massacrato): ma il dilagare della prepotenza giudiziaria si ferma richiamando i magistrati ai doveri che hanno già.

 

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