Gianfranco Fini, il ritorno in politica: al fianco di Boldrini e Bertinotti sulla presidenza del Copasir
Il principio lo avevano già rilanciato nelle scorse settimane, ognuno a suo modo e in separata sede, ex presidenti di Camera e Senato come Luciano Violante, Marcello Pera e Renato Schifani. Ieri, però, ha fatto decisamente un altro effetto sentirlo ribadire dalla "strana compagnia" di terze cariche dello Stato scesa in campo, come un sol uomo, per lo stesso cardine. Quale? La presidenza del Copasir deve andare all'opposizione, ossia a Fratelli d'Italia, per «garanzia costituzionale». Parola di Fausto Bertinotti, Irene Pivetti, Laura Boldrini e di un quarto "ex" di cui ufficialmente si erano perse le tracce da tempo: Gianfranco Fini.
I quattro sono intervenuti così sulla situazione di impasse in cui si trova il Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, da due mesi ormai sotto i riflettori per il braccio di ferro che si sta svolgendo fra la Lega e Fratelli d'Italia che, in quanto opposizione ufficiale al governo Draghi, reclama il diritto di veder riconosciuto quanto previsto dalla legge. Esattamente «la legge n. 124 del 2007», come hanno spiegato gli ex presidenti di Montecitorio in una nota congiunta. Secondo loro la norma è chiarissima «e deve trovare immediata applicazione: la Presidenza del Copasir spetta alla opposizione, in una democrazia fondata sull'equilibrio dei poteri e sul rispetto dei diritti della minoranza».
L'occasione per questa uscita inedita - con due ex "terze cariche" di destra e due ex di sinistra - è stata la quinta conferenza stampa organizzata nella Sala Nassirya di Palazzo Madama dai promotori dell'appello, sottoscritto da una sessantina di costituzionalisti di ogni orientamento, che incalzano i presidenti di Camera e Senato, Fico e Casellati a «ripristinare la legalità costituzionale» nel Copasir. Un'operazione di moral suasion, questa, che cammina di pari passo all'iniziativa del comitato (che ha annunciato un ricorso alla Consulta per conflitto tra i poteri dello Stato e per chiedere «il ripristino della legalità costituzionale») e a quella dei due parlamentari e componenti, Elio Vito e il vicepresidente della Commissione Adolfo Urso, i quali continuano a rivendicare l'illegalità in cui versa il Copasir: proprio l'azzurro e il meloniano dovrebbero incontrare domani Roberto Fico per ribadire la necessità di un suo intervento affinché l'attuale presidente, il leghista Raffaele Volpi, abbandoni la carica.
Tornando a quanto scritto da Bertinotti, Pivetti, Boldrini e Fini, l'anomalia di questa Commissione va superata al più presto per una considerazione su tutte, «elementare perché interna allo spirito della Costituzione: ci sono ruoli nel Parlamento della Repubblica che devono essere interpretati dalle opposizioni, che è la condizione necessaria perché il Parlamento possa esercitare un controllo sulle attività del Governo». A maggior ragione, si legge ancora, in una condizione come quella dell'esecutivo di larghe intese nonché per le vicende recenti (incluso il caso Mancini) «che hanno riguardato e riguardano il Copasir»: tutto ciò «rende ancora più acuta l'esigenza che una funzione di controllo venga esercitata da un rappresentante dell'opposizione». Proprio nei giorni in cui il centrodestra "largo" è tornato a parlarsi, con l'obiettivo primario di trovare i nomi dei candidati comuni per le prossime Amministrative, il capitolo Copasir, insomma, continua a rappresentare un elemento critico per i rapporti fra Lega e FdI. Anche se in questa storia, come spiegano a Libero diverse fonti dei due partiti, l'unico tratto che li unisce è proprio la lontananza - per motivi diversi - dai quattro ex presidenti della Camera intervenuti.
E fra i quattro, ieri, ad aver destato più interesse è stato proprio Gianfranco Fini, scomparso un po' dai radar dopo aver lasciato politica ed essersi trovato a fare i conti con un processo per riciclaggio, indagato insieme alla compagna Elisabetta Tulliani, al suocero e al cognato. «Nessun coinvolgimento in questa vicenda: adesso fa una vita tranquilla. Politicamente si considera in pensione», assicura al nostro giornale chi lo sente ancora abitualmente. Del resto l'ex leader di An e di Fli viene descritto come distante, seppur «osservatore», dalla cronaca politica. Di certo non si vede più da molto tempo nei pressi di Montecitorio (dove gli ex presidenti non hanno più l'ufficio) e a chi gli attribuiva mesi fa un flirt con il fantomatico partito di Conte ha fatto arrivare un secco: «Commentare il ridicolo non ha senso».
Chi non ha smesso di frequentarlo di persona ci spiega così la sua giornata: «Sta impiegando questa fase della vita per fare il padre che non aveva fatto con la sua prima figlia, a causa degli impegni e della politica». Per il resto le attività di Fini sembrano coincidere con quelle che impazzano fra gli "ex" di mezzo mondo: «Gianfranco studia e scrive. E spesso è all'estero per delle conferenze». Capitano anche degli incontri con gli ex ambasciatori in Italia desiderosi di comprendere a che punto è la politica di casa nostra: «A parte qualche eccezione, ammette di non capirla né riconoscerla più di tanto nemmeno lui...».