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Paolo Becchi contro il "certificato verde" per spostarsi: un colpo basso contro tutti gli italiani

Paolo Becchi e Giuseppe Palma
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Ue e Italia sul tema del "passaporto vaccinale" solo in apparenza parlano la stessa lingua. Vediamo perché. Il cosiddetto Green pass europeo è una specie di "lasciapassare sanitario", efficace in tutta Europa, che sarà valido anche dopo l'estate. Digitale o cartaceo, consentirà gli spostamenti a chi avrà effettuato entrambe le dosi vaccinali (ove previste) oppure a chi potrà dimostrare di essere guarito dal Covid-19 nei sei mesi antecedenti lo spostamento, ovvero a chi effettuerà un tampone con esito negativo entro 72 ore (o 48, è ancora tutto da vedere) prima di spostarsi. In Italia esiste già, dal 26 aprile, un meccanismo similare introdotto dal decreto-legge 52 del 22 aprile 2021: per gli spostamenti tra Regioni di colore diverso - dunque con esclusione degli spostamenti tra/verso Regioni gialle e/o bianche, che sono liberi - è necessario esibire al personale delle forze dell'ordine o dei mezzi di trasporto che ne facciano richiesta, la certificazione verde Covid-19 di cui all'articolo 9 del medesimo decreto (restano fuori i casi di spostamenti per lavoro o salute).

 

 

La certificazione verde nazionale prevede l'attestazione di avvenuta somministrazione delle due dosi vaccinali, ovvero la guarigione dal Covid-19 (entrambe le circostanze per ora valgono solo sei mesi) oppure un tampone con esito negativo da effettuarsi entro le 48 ore prima dello spostamento. Nessuna differenza tra le due situazioni? E no, una differenza c'è ed è sostanziale: l'obbligatorietà. A livello europeo si sta ancora discutendo - in un dialogo a tre tra Commissione, Consiglio dell'Ue e Parlamento - se rendere o meno obbligatorio il Green pass, e allo stato attuale sembrerebbe prevalere la linea della facoltatività, nel rispetto dei Trattati istitutivi della Ue che garantiscono la libera circolazione di merci e persone tra tutti gli Stati dell'Unione. E poi ci sarebbe anche "Schengen", quindi le Istituzioni della Ue non se la sono sentite finora di prendere l'argomento alla leggera. Altro aspetto che l'Unione sta valutando è la tutela dei dati personali, che essendo dati sanitari rientrano tra quelli "sensibili", espressamente tutelati dal Regolamento n. 679/2016 (Gdpr).

 

 

Anche in Italia varrebbe la stessa regola: una legge ordinaria o un atto avente forza di legge non possono essere contrari al dettato costituzionale, ma come si è visto - da un anno e mezzo a questa parte - la Costituzione è stata quasi del tutto superata dalla legislazione emergenziale, sia essa di fonte ordinaria che regolamentare. Medesimo discorso dicasi per la tutela dei dati personali sanitari, che anche in Italia sono definiti "sensibili" dal D.Lgs. n. 196/2003, tanto è vero che il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso un parere molto critico nei confronti del certificato verde nazionale introdotto dal decreto-legge n. 52/2021. Garante che peraltro neppure è stato consultato dal nostro governo o dal parlamento.

 

 

Fatto sta che il certificato verde italiano è obbligatorio mentre il Green pass europeo probabilmente sarà facoltativo. Se la Ue confermasse questa linea, si creerebbe una situazione paradossale. Tutti i cittadini della Ue sarebbero liberi di spostarsi (e dunque di venire in Italia), senza l'obbligo del lasciapassare sanitario, mentre gli italiani sono obbligati a dotarsi del passaporto vaccinale, secondo quanto disposto dall'articolo 9 del decreto-legge n. 52/2021. Insomma, sul territorio nazionale sarà più facile muoversi per francesi, tedeschi, olandesi, ecc. che per gli italiani. Una palese disparità di trattamento tra cittadini appartenenti all'Ue, e questa volta non "voluta dall'Europa" ma dalle nostre istituzioni, che introducono limitazioni e restrizioni che nessuno peraltro in Europa ci chiede. Agli italiani resta a questo punto solo la seguente alternativa: subire la nuova discriminazione oppure andare fare le vacanze in qualsiasi altro paese europeo.

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