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Corte Costituzionale, quanto ci costano i giudici: nel 2021 spese per 59 milioni, stipendio da 360mila euro lordi

Fausto Carioti
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Ridurre le aspettative e tagliare le spese è una dolorosa necessità di famiglie e imprese impoverite dalla pandemia. Per le amministrazioni pubbliche pesare di meno sul bilancio statale, e dunque sul debito e sui contribuenti, è una sorta di imperativo etico. Esigenza avvertita pure da Mario Draghi, il quale ha pensato bene di rinunciare allo stipendio da presidente del Consiglio. E lo staff alle sue dipendenze, rispetto alla macchina di propaganda allestita da Giuseppe Conte e Rocco Casalino, è poca cosa. Non in tutti i palazzi romani, però, alberga la stessa sensibilità. Ce n'è uno, in particolare, che pare racchiuso in una bolla fuori dal tempo: quello in piazza del Quirinale 41, che dal 1955 è sede della Corte costituzionale. Lì dentro, la crisi proprio non s' è vista. Due cifre, tanto per dare l'idea: 55.090.546 euro e 58.594.640 euro. La prima era il totale delle spese previste dalla Corte costituzionale per il 2020 (manca ancora il consuntivo); la seconda è quella che la stessa istituzione conta di spendere nell'anno in corso. In parole povere, nel 2021 la Consulta prevede di costare agli italiani 3,5 milioni di euro in più: un bell'incremento del 6,4%.

 

 

 

Scorrendo le righe del bilancio dell'"Esercizio 2021" si incappa in esborsi che altrove, da tempo, sarebbero finiti sotto la mannaia. Oltre al presidente Giancarlo Coraggio, a Giuliano Amato e agli altri tredici giudici, nel palazzo lavorano 295 persone, 153 delle quali dipendenti di ruolo. Solo per le telefonate di tutti costoro («Telefonia e manutenzione impianto») è preventivata una spesa di 237mila euro. Come se ognuno, dal presidente all'ultimo degli stagisti, passando per i carabinieri, spendesse 64 euro al mese per telefonare. E mentre nel resto del mondo, quello dei normali consumatori, le tariffe telefoniche si abbassano grazie ai benefici effetti della concorrenza, nel palazzo dei dirimpettai di Sergio Mattarella lievitano: rispetto al 2020, la cifra a bilancio aumenta di 31mila euro. Ed è solo una delle tante voci che appaiono fuori scala. I 344mila euro di buoni pasto, ad esempio: cifra che colpisce anche perché supera di ben 54mila euro (+19%), la somma che era stata messa a bilancio nel 2019 e nel 2020.

Eppure la consistenza del personale è diminuita, sebbene di poche persone: come si spiega, allora, quel ritocchino alla spesa per il mangiare? O i «Beni informatici», per il cui acquisto è previsto che nell'anno in corso si spendano 440mila euro, 80mila in più rispetto a quello passato. Un'altra cifra interessante riguarda «Noleggio, assicurazione, manutenzione e spese di funzionamento autovetture». I giudici delle leggi, infatti, hanno diritto all'automobile di servizio: a questo scopo, per il 2021 sono stati stanziati 270mila euro, e almeno in questo caso un risparmio (di 14mila euro) rispetto al 2020 dovrebbe esserci.

 

 

 

 

Nell'epoca del formato Pdf e dei download digitali, la Corte costituzionale prevede di spendere 54mila euro per le proprie pubblicazioni. Altri 48mila euro è previsto che se ne vadano per la «Fornitura delle uniformi di servizio». Le «Spese postali e di posta elettronica» ammontano a 28mila euro, tremila euro in più rispetto al 2020. Poi, ovviamente, ci sono le pensioni degli ex dipendenti, che gravano anch' esse sul budget (tra cui gli assegni di 25 ex giudici e 12 loro superstiti, non proprio striminziti), e gli stipendi. Un decreto del 2014 ha fissato, per tutti i dipendenti pubblici, un tetto agli emolumenti pari a 240mila euro lordi l'anno. È la cifra che vale per il presidente della Repubblica e per il primo presidente della Cassazione, ma non per i giudici costituzionali. I quali si riunirono e fecero valere quanto stabilito dalla legge del 1953, nella quale si stabilisce che il loro stipendio è «aumentato della metà» rispetto a quello del magistrato ordinario con la funzione più alta. Il risultato è che quattordici di loro hanno una busta paga annua lorda di 360mila euro, corrispondenti, in media, a 169.385 euro netti.

Il quindicesimo, il presidente, aggiunge a questa cifra una «indennità di rappresentanza» pari a un quinto della retribuzione, ovvero 72mila euro lordi. Il resto lo fanno la suddetta autovettura di servizio, le spese di viaggio, l'uso di cellulari e pc portatili e quella che nei documenti della Consulta è chiamata la «piccola foresteria, monolocale o bilocale», dietro al Quirinale, «prevalentemente utilizzata dai giudici che risiedono fuori Roma». Insomma, un piccolo mondo antico che resiste a tutto, persino al Covid. Finché c'è chi lo mantiene.

 

 

 

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