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Immigrazione, Pietro Senaldi: "Mario Draghi travolto dai barconi, rimetta Matteo Salvini al Viminale"

 Mario Draghi

Pietro Senaldi
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Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di un'imminente estate italiana. Mario Draghi e Luciana Lamorgese un po' come Giancarlo Giannini e Mariangela Melato nella straordinaria commedia firmata da Lina Wertmüller. Solo che stavolta i naufraghi non sono due, ma duemila al giorno, e la zolla di terra siciliana tutta sole e rocce che fa da scenario alla vicenda non è deserta; ha una densità simile all'isola di Manhattan, tanto scoppia di migranti disperati. Gente che, a differenza degli altri Stati europei, e mondiali, l'Italia non sa respingere né accogliere né tantomeno rimpatriare o redistribuire. Il premier e il ministro dell'Interno sulla questione clandestini sono una coppia alla deriva. Non possono fare nulla. Per certe cose, servirebbe un politico, nessun altro può decidere la linea di un Paese in materia di immigrazione.

Draghi e Lamorgese invece sono due tecnici, come ogni ministro che conta in questo governo che è di tutti i partiti, il che significa che non è di nessuno perché nessuno può dargli un indirizzo. Il primo a non essere interessato a fornire all'esecutivo una connotazione è proprio l'inquilino di Palazzo Chigi, che legittimamente ambisce a essere al Quirinale tra meno di un anno e per coronare il suo sogno ha bisogno dell'appoggio corale del Parlamento, perciò non può scontentare nessuno. E l'immigrazione, così come la giustizia o i diritti civili, sono temi troppo divisivi per prenderli di petto.

 

 

TEMI DIVISIVI - Draghi pertanto cerca di prendere tempo sciorinando banalità. In Parlamento proclama che «nessuno deve essere lasciato solo nelle acque territoriali italiane perché il governo vuol essere equilibrato, efficace e umano». È quando passa dalle enunciazioni dei principi fondamentali alla pratica che SuperMario offre meno sicurezze. Promette di impegnarsi a «esercitare una pressione intraeuropea per tornare a una redistribuzione credibile e funzionale dei migranti approdati in Italia» e a «promuovere con i Paesi vicini opportune iniziative bilaterali». Con tutto il rispetto per il presidente, sono filastrocche. L'Unione Europea non si è mai fatta carico dell'emergenza migranti. Ogni sei mesi, solitamente in corrispondenza con qualche naufragio particolarmente toccante, Bruxelles si batte il petto e giura che ci darà una mano al prossimo vertice. Dopo due o tre giorni però il tema è già archiviato e, quando la data fatidica arriva, si volta inesorabilmente dall'altra parte. Il solo che è riuscito a convincere i nostri partner continentali a prendersi qualche decina di profughi è stato Salvini, quando era ministro dell'Interno, ma ha dovuto usare la forza e ci ha guadagnato un processo per sequestro di persona.

È escluso che Draghi e Lamorgese vogliano emularne le gesta e seguirne la sorte. Anche la via delle intese bilaterali, per quanto sensata, non è praticabile. Bisognerebbe mettersi d'accordo con la Libia per evitare le partenze. La sinistra dei porti aperti, dello ius soli e delle felpe con stampati sul petto i nomi delle organizzazioni non governative in costante contatto con gli scafisti però non lo consentirà mai. Altrimenti, regnante Conte, M5S e Pd non avrebbero respinto al mittente l'offerta dell'Unione Europea di nominare commissario straordinario per la Libia Marco Minniti, il predecessore dem di Salvini al Viminale, che spianò la strada al ministro leghista.

 

 

Il banchiere dei tre mondi è alle prese con un problema che, un po' superficialmente, pensava di non avere. Draghi era venuto per vaccinare e per fare il piano su come investire gli aiuti europei per la ripresa che garantiranno debiti per centinaia di miliardi alle prossime cinque generazioni. I vaccini stanno andando come tutti sanno: più lentamente di quanto promesso e peggio che in molti altri Paesi occidentali, ma bisogna dire che tutto procede alla grande e quindi il problema è relativo, anche perché a risolvere l'emergenza sanitaria è in arrivo il generale Estate, più affidabile ed efficiente perfino del generale Figliuolo. Quanto al piano economico, nessuno dubita che sarà inappuntabile, solo che i quattrini arrivano a rate e a gestirli, per tradurre in pratica i progetti, saranno i successori di SuperMario, e che Dio ce la mandi buona.

QUALE CONTENIMENTO? - Per l'intanto, c'è la patata bollente clandestini, difficile da ignorare, anche perché l'Onu ha lanciato l'allarme e nei mesi estivi potrebbero sbarcare anche 70mila persone. Il piano di contenimento della ministra Lamorgese è robetta. Cinque navi quarantena che ci costeranno 36mila euro al giorno dovrebbero essere il primo approdo dei migranti. I profughi verrebbero così trattenuti in mare per giorni dall'attuale titolare del Viminale proprio quando il suo predecessore viene processato per aver vietato lo sbarco di altri sventurati. Finito l'isolamento a mollo, il carico umano sarà sistemato in centri d'accoglienza, in attesa che si analizzino le richieste d'asilo. Da una detenzione all'altra, aspettando la redistribuzione in Europa di chi ha diritto e il rimpatrio di chi non ce l'ha. Fantasie, perché solo una minima parte dei profughi scappa dalla guerra, mentre la stragrande maggioranza è composta da migranti economici, che l'Europa non vuole e noi non sappiamo rimandare a casa. Una soluzione al caos ci sarebbe.

 

 

Se questo è il governo dei migliori, Draghi chiami il migliore. In materia di immigrazione il migliore, coram populi, si è rivelato Salvini. Certo, scoccia restituire al capo della Lega una poltrona che gli farebbe riguadagnare sei-otto punti nei sondaggi in un mese. Reinsediarlo al Viminale poi significherebbe sconfessare istituzionalmente i processi contro di lui. Ci vorrebbero un gran coraggio e una grande lungimiranza per prendere una decisione del genere «whatever it takes» (a qualunque costo), come disse una volta un leader non impastoiato nelle vicende romane. Altri tempi?

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