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Pietro Senaldi e l'inchiesta sui rubli alla Lega: i soldi non si trovano, ma i pm non ci stanno

Pietro Senaldi
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I soldi russi della Lega non si trovano; al momentoi comunisti sono i soli ai quali la Grande Madre elargiva rubli in quantità. Un paio d’anni fa, quando Salvini era al governo, i giornali di sinistra hanno pompato alla grandissima il filone dei finanziamenti che Putin avrebbe elargito agli ex padani per creare un avamposto di Mosca nel cuore dell’Occidente europeista. Inchieste, intercettazioni, killeraggi televisivi, curiosi personaggi: si mise in moto tutta la macchina del fango per dimostrare che il ministro dell'Interno facesse lo splendido grazie ai quattrini di zar Vladimir, ma non fu mai trovato un soldo. Il can can mediatico però produsse delle vittime.

A farne le spese fu soprattutto Gianluca Savoini, tuttofare prima bossiano e poi salviniano, per lo più addetto alla comunicazione del partito, nonché presidente dell'Associazione Lombardia-Russia, terra nella quale sovente si recava, non ho mai capito bene a fare che cosa. So solo, conoscendolo da trent' anni, che l'amore per quella terra gelida iniziò a provarlo solo dopo aver conosciuto la moglie, che da lì proviene. Savoini ebbe la (s)ventura di accompagnare Salvini in una trasferta moscovita. È un personaggio intraprendente e, millantando o vantandosi di stretti rapporti con la corte putiniana, sperava di guadagnare punti presso Matteo, che comunque gli è sempre stato affezionato e l'ha difeso generosamente quando è finito nel tritacarne mediatico, anche se dubito che dall'operosità di Gianluca il leader della Lega abbia mai guadagnato granché, soprattutto economicamente parlando.

Sta di fatto che sul Savoini la Procura sta indagando alacremente da tempo, ma evidentemente non ha ancora messo a posto tutti i tasselli del mosaico. È di ieri infatti la notizia che la magistratura inquirente abbia chiesto per la terza volta la proroga di altri sei mesi delle indagini nei confronti dell'ex tuttofare leghista. Delle due, l'una: o l'uomo è a capo di un'organizzazione ramificata e complessa del malaffare di cui è molto complicato dipanare le fila, oppure contro di lui non è stata ancora messa insieme sufficiente trippa per gatti.

 

 

 

 In ogni caso, è un dato di fatto che l'inizio dell'indagine è coinciso con la fine delle velleità e delle fortune di Savoini, che si è trovato catapultato fuori dalla cerchia ristretta salviniana ed precipitato da due anni nell'anonimato. Qualora fosse innocente, sarebbe un prezzo intollerabile. Nessuno nega il diritto dei pm di perseguire le notizie di reato, anche se talvolta esse non andrebbero confuse con i sospetti. Tuttavia, tenere in friggitoria una persona, ostaggio di un'inchiesta giudiziaria che gli sta impedendo di vivere, è cosa equiparabile alla tortura. Specie se, come penso, Savoini non ha fatto incetta di rubli a Mosca ai tempi d'oro con i quali mantenersi in questi giorni per lui grami.

Al segretario del Pd, Enrico Letta, che passa le giornate a preoccuparsi dei diritti dei mi passa giorno senza che accusi Salvini di non essere collaborativo e di voler sabotare l'esecutivo, il leader dem potrebbe dare un segnale della propria buona volontà di governo con una forte apertura alle proposte di riforma del ministro della Giustizia. Sarebbe certo più utile e apprezzato piuttosto che continuare a ignorare le criticità, politiche e organizzative, di un sistema allo sbando, riservandosi per di più il diritto di approfittare delle sue disfunzioni e illogicità per attaccare i nemici politici ma amici di governo che ne finiscono tra gli opachi ingranaggi. Se invece Letta intende continuare a baloccarsi con le battaglie identitarie, sarebbe più consono che abbassasse le pretese da Palazzo Chigi al ministero delle Pari Opportunità.

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