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Achille Lauro, dopo Felicissima Sera! travolto dalle critiche: "Mi hanno dato dell'omofobo"

Achille Lauro

Francesco Specchia
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È un ossimoro tonante, è il politicamente corretto del politicamente scorretto. Anche solo accostare l'omofobia ad Achille Lauro, l'uomo che ha fatto del transgenderismo e della fluidità dell'identità sessuale una battaglia civile (e una strategia di marketing), è una discussione che ha un che di surreale. La foto a corredo del post pubblicato nella giornata di ieri da Achille Lauro (30 anni) sul suo profilo Instagram Ora, personalmente sulla parabola artistica di Achille Lauro copia sgualcita di David Bowie e Renato Zero, sulle sue esauste provocazioni e sul suo talento cantautorale, be', si potrebbe aprire un dibattito. Epperò, onestamente, accusare lui di essere omofobo è come accusare Martin Luther King di razzismo, il Papa di paganesimo o Susan Sontag di svilire anni di battaglie femministe. Eppure, è accaduto.

 

 

LEGITTIMA AUTODIFESA
Dopo la partecipazione a Felicissima sera!, il programma Mediaset di Pio e Amedeo che ha fatto molto discutere per lo sketch sul «politicamente corretto» (con le parole "ne**" e "fr**o" sbattute in faccia al benpensantismo galoppante), Lauro pare abbia subito attacchi feroci sui social. Al punto che, dopo aver interpretato con una certa autoironia in tv il brano Rolls Royce trasformato per l'occasione in Fiat Punto, il cantante romano ha voluto entrare nel merito di un'autodifesa assai apprezzabile: «Nella mia interpretazione artistica la musica non è solo musica. È spettacolo, è uno stato d'animo, è un ideale, è libertà estrema, è il rifiuto nei confronti di coloro che credevano che io non fossi libero, o non fossi all'altezza, è conseguenza di anni di umiliazioni e vergogna. L'ho capito quando per un commento riferito alla solidarietà su lavoratori dello spettacolo mi hanno dato dell'omofobo, dopo anni che mi danno del fr*** ciò pensando di offendermi!». E ancora ha aggiunto: «Da anni investo denaro, tempo e impegno per la tutela dei diritti umani (...), per chiunque abbia bisogno di aiuto e per essere artefice e partecipe, nel mio piccolo, di una rivoluzione per cui la condizione sociale, culturale e umana delle classi deboli e discriminate possa cambiare (...) Lo faccio da quando non avevo una lira, perché sono cresciuto tra gli emarginati e i reietti, perché so che vuol dire sentirsi diverso, mai compreso, solo...».

 

 

Si tratta di una tranche di vie personale emersa dal confessionale della Rete che ci spiazza in senso nobile; anche se la leggenda del "figlio del popolo" e della disperazione, raccontata dall'erede di un alto magistrato e di un amministratore delegato suona un tantino esagerata. Ma, insomma, non si può dire, alla luce di tutto questo che Achille Lauro - al di là della sua musica - non sia persona dabbene e non lotti a favore delle minoranze, in uno sfarfallio continuo di pirotecnie musicali, cromatismi e difese finanche coreografiche del diverso.

 

 

APPROCCIO SINCERO
E, anche se molti critici e alcuni colleghi, come lo stesso Renato Zero ebbero a che dire sullo slancio artistico di Lauro («Con le piume e le pailettes non giocavo certo a fare il clown della situazione ma cercavo di attirare l'attenzione su di me per permettere alle mie canzoni, che trattavano argomenti delicati e pesanti, di fare breccia»), è indubbio, nel ragazzo, un approccio sincero a questi temi. I tableau vivant di Lauro, i suoi piumaggi, il rimmel colato e mescolato ai pianti di sangue delle Madonnine di Civitavecchia di tutto il mondo possono essere sì un deja vu; ma riconducono comunque ad un'idea di denuncia sociale. Sicché due sono le reazioni da opporre a questi attacchi: ignorare gli haters di ogni latitudine (ma per chi vive di social ci rendiamo conto sia difficile) e Pio e Amedeo che prendono posizione: «Achille Lauro non odia i ric***i!». La provocazione che spazza tutte le altre...

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