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Renato Farina e gli "intellettuali di destra", la lezione ad Andrea Scanzi: "Ma tu lo conosci Pirandello?"

Renato Farina
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Guarda un po' che altezza di dibattito ha prodotto il Concertone dei sindacati. Andrea Scanzi da Lilli Gruber ( 8e½ su La7, 3 maggio) interviene su Fedez e dintorni con questa possente affermazione, del tipo che non ammette repliche. Il Mosè della cultura d'Italia tira in testa a Francesco Borgonovo le sue tavole delle leggi divine: «Prima hai detto: manca sempre un cantante di destra in questi contesti del primo maggio. Ti do una notizia, non ci sono! Il vostro grande problema sul politically correct e sulla cultura è che vi sentite inferiori perché non avete uno straccio di intellettuale da 300 anni. Siete costretti a brandire Sgarbi, Vittorio Feltri e Povia. Siete messi male».

Qui lasciamo perdere i tre citati, i cui primi due - del terzo non conosco le doti dialettiche - se lo mangerebbero in insalata, mi permetto alcune rispettose osservazioni, obbedendo al catechismo di San Pio X (notoriamente di destra) che considera opera di misericordia spirituale «istruire gli ignoranti» ma anche «sopportare con pazienza le persone moleste». 1 - Il pulpito da cui parla Scanzi è quello dell'autore di best-seller, che hanno venduto parecchio, appena un po' meno di Francesco Totti. A qualificarlo a sinistra come indiscusso vate è l'uso reiterato del termine «cazzaro» che è un po' il suo marchio di fabbrica. L'uomo non sa neppure che il termine «cazzaro» fu meravigliosamente introdotto nella cultura italiana dal popolo romano anticomunista. Carlo Tullio Argan era in quel 1984 (meno di trecento anni fa) sindaco comunista dell'Urbe. Era il più celebrato storico dell'arte marxista del secolo, caposcuola dominatore delle università. A quel tempo alcuni studenti di Livorno organizzarono una memorabile burla culturale (di destra). Buttarono nel Fosso Mediceo, dopo averle modellate con il Black & Decker, sculture riproducenti i lunghi colli di Amedeo Modigliani. Furono ripescati. Argan si pronunciò: «Le teste sono certamente del Maestro!». Quando la beffa fu rivelata apparve una gigantesca scritta sui muri di Roma: «ARGAN CAZZARO». La cultura di destra è questa roba qui, sul versante popolare. E Scanzi dovrebbe versarle un obolo, ma che ne sa?

 

 

 

2 - Capiamo che è l'enfasi a trascinarlo. Credendosi autore di satira, si ritiene autorizzato a sostenere che l'intera cultura dell'età moderna sia assimilabile a un concetto che trecento anni fa non esisteva ancora, cioè la divisione del mondo in destra e sinistra, nata dopo la Rivoluzione francese. Ci sono realtà che balzano fuori dallo schema. Semplicemente ci sono artisti e filosofi, scienziati e musicisti, che evocando bellezza e verità, si sono prestati a essere amati o ammirati o criticati, ma sempre imparando, da destra e da sinistra. Nessuna opera del genio è mai assoggettabile al timbro della destra o della sinistra. Anzi i capolavori hanno vita propria.

La Madonna Sistina di Raffaello ha incantato gli opposti, Goethe e Dostoevskij, i giovani di Hitler a Dresda e i pionieri comunisti a Mosca. Beethoven è di sinistra e Wagner di destra? Kant di sinistra e Hegel di destra? Ma dai. È vero, non ho citato italiani. Il grande Silvio Pellico, uno degli autori più tradotti e venduti al mondo con Le mie prigioni. Essendo un cattolico a tutto tondo, fin quasi al bigottismo il suo essere un martire del risorgimento gli ha meritato un vergognoso occultamento nelle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia. E siamo al punto. Uno come Scanzi non lo sa, perché si è bevuto il bottiglione di spuma culturale da quattro soldi fornito dai padroni delle università, case editrici, scuole di giornalismo del dopoguerra. Ciò che non è assimilabile alla sinistra non esiste, non può esistere.

O viene marchiato come volgare, salvo poi essere resuscitato come roba di sinistra occultata. Esempio? Totò, principe di Costantinopoli, che si vantava di esserlo. 3 - Fermiamoci, prima di arrivare al presente, all'ultimo secolo. Il Novecento. Prima del fascismo. Ma anche durante il Ventennio mussoliniano: in conformità con esso, oppure in dissenso, ma sempre in opposizione alla sinistra. Le poesie rabbiose e scarlatte di Marinetti e il suo futurismo sono quanto di più scorretto esista, ma anche di una destra progressista, o no? Gabriele D'Annunzio e i due Nobel per la letteratura del Novecento, cioè Luigi Pirandello e Grazia Deledda, difficilmente sono collocabili lontano dalla destra. La grandissima poetessa Ada Negri, che ha avuto il torto, a differenza di Giuseppe Ungaretti, di morire nel 1945 ma prima della liberazione.

 

 

 

Come si fa a parlare così cretinamente? E dove lo mettiamo Giuseppe Prezzolini, protagonista assoluto della cultura italiana. Uomo di destra, conservatore, persino arditamente reazionario, ma totalmente geniale, costretto a navigare lontano dai porti delle grandi case editrici, e solo valorizzato quand'era ormai centenario, mentre se ne stava non a caso in esilio a Lugano. I suoi colleghi Giovanni Papini e Domenico Giuliotti, a sua differenza, si convertirono al Vangelo, furono tutto meno che fascisti, ma catalogabili in quel cattolicesimo colto e ruvido, francamente poco politicamente corretto. Tanto che li hanno dimenticati, e la nouvelle vague di vescovi e teologi li osteggia.

Giuliotti scrisse: «Non indulgo alle mezze tinte. O bianco o nero; o sì o no. Chi dice: forse, mi ripugna. Ecco perché il mio stile non rifugge dalle espressioni più volgari: non posso chiamar cigno un porco, né lo sterco ambrosia». Potrebbero essere tradotte in linguaggio del XXI secolo da Feltri: stesso concetto. Sparito. Ucciso dalla cultura dominante. 4 - Capitolo a parte, che risolvo ed esaurisco con un nome e cognome: Giovannino Guareschi. 5 - E Giovanni Testori? Fu attaccato e quasi impalato dall'Espresso e dai circoli consimili perché furiosamente attaccò la cultura dominante di quel tempo. Lo fece sul Corriere della Sera con «Il marxismo non ha il suo latino». Mi avrebbe fulminato se lo avessi definito e mi tirerebbe i piedi stanotte se osassi accostarlo alla destra, anarchico com' era.

Ma nel 1982 osò elogiare il sindaco di Milano Carlo Tognoli perché promosse una stupefacente mostra rompendo un tabù. Riconobbe per primo che furono artisti grandissimi i Mario Sironi, proprio nelle opere più fasciste, con i suoi affreschi magniloquenti di simboli duceschi. Non solo in quelle ovvio. Riconobbe che il fascismo covò la narrativa, da Riccardo Bacchelli a Mario Soldati, la scultura, l'architettura (con lo splendido razionalismo della Stazione Centrale), il cinema.

Nel gennaio del 2020, coraggiosamente Maurizio Cecchetti su Avvenire (diretto da Marco Tarquinio) osò elogiare e denunciare. «Oggi sappiamo - per esempio riguardo all'Italia sotto il fascismo -, che la cultura, anche al soldo del regime, produsse anche cose pregevoli e questa "contraddizione" è stata ampiamente studiata negli ultimi quarant' anni, superando le censure ideologiche. Dalla mostra sugli Anni Trenta tenutasi a Milano nel 1982 fino a quella allestita da Germano Celant alla Fondazione Prada nel 2018 (Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943) è assodato che il nostro Paese fu in Europa quello di punta per l'arte tra le due guerre». Ma come ha cantato Francesco De Gregori, «Tutto questo Alice Scanzi non lo sa», il quale magari è di sinistra, ma lo sa chiunque abbia studiato un minimo filosofia o economia o storia deviando dai manuali. Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Augusto Del Noce, Adriano Bausola, Cornelio Fabro, Renzo De Felice: correnti diverse, liberali, fascisti, cattolici, ma spediti ai margini. Mogol e Lucio Battisti, Bruno Lauzi nel campo della musica, e che dire di Riccardo Muti costretto a difendersi perché troppo bravo ma trattato con sussiego perché guardato con ostilità dai compagni che stonano?

 6 - E oggi? Non oso catalogare a destra scrittori eccellenti, rifuggono da etichette, anche perché cercare il martirio è peccato. Ma Massimiliano Parente è politicamente scorrettissimo, ed è appena scomparso il massimo musicologo quale è stato di sicuro Paolo Isotta. Eppure scriveva anche sul Fatto e Scanzi dovrebbe sapere chi lo perseguitò e che era il miglior amico di Feltri e di Stenio Solinas (cultura di destra alla grande). Che dire poi del linciaggi cui, tra i conduttori, sono stati ripetutamente sottoposti Luca e Paolo, non solo comici e critici del costume sbrodoloso della sinistra autocelebrantesi con la Litizzetto e Fazio. Cito ancora alla rinfusa. Marcello Veneziani, Francesco Perfetti, Antonio Socci, Giuseppe Parlato. E dove lo mettiamo Aurelio Picca e che posto c'è per Paola Musu? Uffa, ho finito lo spazio. E mi scusino quelli di destra che ho dimenticato, perché è gente che sfida a duello.

 

 

 

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