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Vittorio Feltri, il no di Gabriele Albertini e quell'offerta politica di Silvio Berlusconi

Vittorio Feltri
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Caro Gabriele, la tua decisione di rinunciare alla candidatura a Sindaco di Milano mi addolora: rimango convinto che tu sia l'uomo ideale - unico - per amministrare una città allo sbando a causa dell'attuale primo cittadino, Beppe Sala. La mia non è una opinione campata in aria, ma si basa sulla esperienza. Infatti la tua gestione del Comune fu ottima e consentì a tutti noi di goderne i frutti.

Se tu casomai dovessi ripensarci, sono certo che vinceresti le elezioni con le mani in tasca, perché i milanesi ti conoscono, ti apprezzano e ti stimano per quello che sei stato capace di compiere per la metropoli, la quale, grazie alle tue opere, è diventata tra le migliori d'Europa. Tu spieghi benissimo il tuo punto di vista e non ti do torto poiché mi mancano gli argomenti.

 

 

 

Sono più convincenti i tuoi. Devo evidenziare con franchezza che senza di te il centrodestra non sarà in grado alle prossime consultazioni di battere la sinistra. Dobbiamo rassegnarci a subire per altri cinque anni Sala, l'uomo delle ciclabili e dei monopattini che ha rovinato la circolazione stradale, e non soltanto quella. E questo mi getta nel più tetro sconforto. Mi ero illuso che ti saresti sacrificato per la causa. Ti confesso che negli anni Novanta mi fu offerto di partecipare alla corsa per Palazzo Marino.

Ne fui lusingato. Però, quando Berlusconi mi convocò ad Arcore per discutere del progetto, lo ascoltai in silenzio, e alla fine gli rivelai ridendo che non avrei potuto permettermi di fare il sindaco per due motivi: primo, non so guidare un condominio, figurati se sono all'altezza di guidare Milano; secondo, non posso accettare eventualmente la carica per questioni puramente economiche, considerato che facendo il giornalista guadagno molto di più.

 

 

 

Il Cavaliere divertito replicò in milanese stretto: "Al gá reson", ossia "ha ragione". Pertanto sono persuaso che la tua riluttanza sia ben motivata anche dal punto di vista finanziario. Peccato, però. Lo dico egoisticamente. E prevedo che il capoluogo lombardo, che tanto amo, sarà condannato a essere pilotato ancora da chi non è idoneo a pilotare neppure un monopattino.

 

 

 

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