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Coronavirus, il vaccino cinese funziona meno di quello russo, ma l'Ema sceglie incredibilmente il primo

Lorenzo Mottola
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L’Ue ha deciso di giocare il suo jolly: il vaccino cinese sta arrivando. Se fino a oggi non avevate sentito tanto parlare di questo prodotto la ragione è semplice: non funziona. Gli scienziati che hanno realizzato questo farmaco hanno dovuto ammettere, presentandosi di fronte alle telecamere con aria depressa, che i test non hanno dato i risultati sperati. Nonostante ciò, tanti Paesi in mancanza di alternative si sono affidati a questo medicinale, battezzato Sinovac, per cercare di salvarsi, ma la mattanza da Covid è continuata tranquillamente anche dopo campagne su vasta scala.

 L'unico dubbio rimasto, quindi, è se abbia anche effetti collaterali nefasti. Perché potrebbe proprio essere così e ci sono molti casi sospetti. E l'Agenzia del Farmaco europea in questo quadro cosa fa? L'annuncio è arrivato ieri mattina: su richiesta di un'azienda italiana, Bruxelles avvierà una serie di esami per autorizzare questa cura anche nelle città dell'Unione. Curioso, soprattutto se si considera che, al contrario, sull'antivirus russo (lo Sputnik, che invece risulta efficace quanto lo Pfizer) è stato posto il veto più assoluto. Non è un caso se Paesi come la Turchia, che avevano impostato la loro campagna vaccinale sugli accordi con il regime di Xi, adesso si siano rivolti a Mosca per gli approvvigionamenti. Il caso più eclatante è comunque quello del Cile.

 

 

 

Il Paese sudamericano è tra i primi al mondo per numero di iniezioni fatte (il rapporto tra somministrazioni e popolazione è al 77% contro il nostro 35%). Un presunto trionfo costruito anche grazie ad accordi con la Cina (l'85% dei vaccini inoculati è arrivato dall'Asia). Settimana dopo settimana, però, le autorità di Santiago si sono accorte che qualcosa stava andando storto. I contagi nelle ultime settimane sono continuati a salire, i morti sono ancora sopra i livelli di ottobre-novembre. Insomma, è come se nulla fosse cambiato. Mentre nei Paesi arrivati a questo punto della campagna di immunizzazione (come gli Stati Uniti) il quotidiano numero di vittime è crollato. Un caso praticamente identico a quello turco, dove su 18,2 milioni di dosi iniettate, 16 milioni sono del farmaco cinese. E l'infezione continua a dilagare. Cosa è successo?

 

 

 

 

 

 

 

È successo che il tasso di efficacia del vaccino cinese nella prevenzione dei contagi è attestato poco sopra il 50% (Pfizer è oltre il 90%). Sotto il 50%, un vaccino viene considerato "non vitale", cioè da buttare. Dopo la prima iniezione, poi, la percentuale scende al 3%. Non è tutto. Gao Qiang, dirigente di Sinovac, ha confessato che l'effetto degli anticorpi sviluppati dal siero di Pechino diminuisce sensibilmente di fronte alla variante sudafricana, per cui si sta analizzando la possibilità di dovere inoculare una terza dose di rinforzo. Il lettore dirà: "Funziona poco, ma almeno non sarà pericoloso". In realtà non è sicuro. Se ne parla poco, ma pare che nell'unica zona dove è stato possibile registrare eventuali morti dopo la vaccinazione, ovvero Hong Kong, 11 persone siano decedute dopo aver ricevuto il farmaco. Il South China Morning Post ha sottolineato che non ci sarebbero collegamenti diretti in due casi registrati, ma negli altri casi sono ancora in corso le indagini per capire le possibili cause.

 

 

 

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