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Rai, il Pd sfrutta il caso Fedez-Lega per cambiare l'organico di viale Mazzini e piazzare i propri uomini

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 Fedez

Francesco Specchia
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"Ringrazio Fedez. Ci aspettiamo scuse dalla Rai, un chiarimento» «Qualcuno dovrebbe dimettersi, subito» C'è evidentemente un problema di rappresentanza, se il primo cantante/influencer da 12 milioni di followers che passa viene risucchiato dalla retorica del Pd, rischiando di diventare l'Enrico Berlinguer dei social. E poi, in tutta questa faccenda del sostegno granitico a Fedez che lotta per la legge Zan antiomofobia durante il concertone del 1° maggio, c'è anche, con molta probabilità, un fatto di opportunità politica: Fedez eroico rappresentante degli ideali della sinistra che viene indirettamente usato come ariete dal Pd per sfondare il muro della dirigenza pentastellata in Rai, magari cambiarne i vertici e sostituirli con i dirigenti della sinistra (meno improvvisati e storicamente più adatti al comando). La tesi è affascinante, e non priva di fondamento.

 

 

 

Dietro al caso di Federico Leonardo Lucia in arte Fedez che monta come le eterne discussioni dei vecchi comitatoni centrali del partito, qualcuno parla di manovra a tenaglia per far fuori i capintesta grillini nella confezione dei palinsesti. Prendete Franco Di Mare, a capo di Raitre, neanche troppo velatamente accusato di aver censurato l'artista: dopo l'echeggiare del monito del deputato Pd Orfini («qualcuno deve dimettersi». Senza specificare chi, ma guardando Di Mare) il direttore è stato inevitabilmente convocato dalla Commissione Vigilanza Rai. Certo, Di Mare è uno tosto. Ha già avuto modo di ribattere: «Ci si rende subito conto che nella sua versione (di Fedez che ha reso nota una registrazione in cui la vicedirettrice di rete Ilaria Capitani gli avrebbe consigliato di astenersi dal commento politico, ndr) ci sono gravi omissioni e che questi tagli alterano oggettivamente il senso di quanto detto dalla vicedirettrice che nel colloquio esclude fermamente, ben due volte, ogni intenzione censoria e che alla domanda esplicita dell'artista se può esprimere considerazioni che lei reputa inopportune ma lui opportune lei risponde con un netto "assolutamente".

Ma di questo nella versione di Fedez non c'è traccia alcuna». Di Mare parla di riprovevole manipolazione dei fatti da parte dell'artista e gonfia il petto. Ma Di Mare è di area 5 Stelle. Come lo è il direttore del Tg1 Giuseppe Carboni; come lo sono parte degli anchormen di rete - Luisella Costamagna conduttrice di Agorà o Sigfrido Ranucci di Report, entrambi bravi-; come lo è lo stesso amministratore delegato Fabrizio Salini da mesi in odore di sostituzione, prima per voce sussurrata di Renzi poi per disappunto di Zingaretti. Il problema è che la Rai vive sempre una lottizzazione politica di uno scarto indietro rispetto alla realtà. Il governo è cambiato, è variata la geografia dello spoil sytstem, nel Paese si sono avvicendate tre tornate di ministri, premier e sottosegretari; ma la tv di Stato è ancora ferma al 2018, in mano al Movimento 5 Stelle che non è più maggioranza nel Paese ma lo è ancora di viale Mazzini.

 

 

 

 

Sicché, in questa storica e ineffabile corsa ai posti di comando, data la messa in mora del centrodestra, i 5 Stelle ora stanno subendo l'assedio silenzioso di alleati molto più scafati di loro. E il bello è che sia Giuseppe Conte - il quale scelse personalmente Salini ai tempi del governo gialloverde - che Luigi Di Maio si stanno producendo in un tafazziano attacco alla loro stessa Rai. Conte cinguetta «Io sto con Fedez, nessuna censura» (complimenti); Di Maio ribadisce «La musica è libertà, un Paese democratico non può accettare nessuna forma di censura» (applausi). E poi aggiungono che «l'azienda è troppo cencellizzata e i partiti continuano a metterci le mani addosso»; e che «occorre una fondazione che offra le garanzie necessarie di autorevolezza e pluralismo».

Cioè: Conte ha messo lì il primo amministratore delegato con pieni poteri e cda solidalissimo, e si lamenta della sua propria scelta. Se fossi nei panni del dottor Salini mi sentirei in imbarazzo in quanto oggetto di profonda ingratitudine. Il fatto è che la Rai è la Rai. Non è né censoria né oscurantista, è una formidabile risorsa culturale del Paese in cui brillano menti finissime e straordinari mediani di centrocampo, ma in cui rimangono ferocemente lottizzate anche le macchinette del caffè.

Ora, al di là di Fedez alfiere della libertà sessuale (avesse fatto un accenno, chessò, alla condizione dei lavoratori di Amazon), mi sento di sottoscrivere la domanda che si pone Jacopo Tonelli sugli Stati Generali: «Cosa farà la Rai, non inviterà più Fedez perché ha pestato i piedi a qualche burocrate o a qualche politico? Se lo farà, si farà tanto male. Perché - a differenza del tempo in cui si poteva silenziare un comico per le sue battute sui socialisti - Fedez da solo potrà continuare a farsi seguire da qualche milione di persone». Soprattutto cosa faranno i 5 Stelle quando si accorgeranno della loro lenta eutanasia?

 

 

 

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