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Vittorio Feltri, l'inchiesta Ombre rosse e il ruolo di Emmanuel Macron sulla dottrina Mitterand

Vittorio Feltri
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Proprio ieri su queste colonne ho scritto un articolo così intitolato: "I brigatisti rossi furono protetti perché popolari". Sbagliato. Essi sono ancora protetti e pure popolari, tanto è vero che tutti i criminali arrestati in Francia e teoricamente destinati a essere estradati in Italia sono già stati scarcerati e posti in libertà vigilata in attesa che si compiano le pratiche burocratiche relative al loro rimpatrio con decenni di disgustoso ritardo. Cosicché ci eravamo illusi che la giustizia, pur tardivamente, fosse arrivata al traguardo.

Non è così. Di fatto gli assassini comunisti godono ancora di molte simpatie e tutele, non solo a Parigi la cui stampa solidarizza con gli ex combattenti ora a riposo, ma altresì nel nostro Paese che fu inondato di sangue dai manovratori della P38. Tutto questo è ripugnante eppure va segnalato. Molti tifosi e forse fiancheggiatori dei terroristi dichiarano apertis verbis che Pietrostefani e amici di sparatorie non meritano la cattura poiché ormai vecchi e malridotti fisicamente. Come se non bastasse, non manca chi aggiunge che da quando costoro sono "esuli", sottrattisi alla condanna, non hanno più commesso reati. I compagni in pratica si perdonano fra loro adducendo che certi delitti avvennero quando i delinquenti in questione erano giovani, acqua passata, non vale la pena catturarli e sbatterli in galera.

 

 

 

 

Adesso sono animati da profonda umanità e vanno perdonati, cioè assolti. È assurdo. Insomma, quelli del partito armato rintracciati da Macron per gioco non dovrebbero essere perseguiti perché ora vanno in giro col pannolone, poco conta il fatto che in passato abbiano commesso delle stragi. Rimaste impunite. Indubbiamente gli omicidi sono oramai inoffensivi, tuttavia nessuno intende condannarli perché hanno messo la testa a posto, bensì per le loro malefatte ai tempi in cui erano freschi e prestanti, condotte per le quali non hanno pagato il fio.

 

 

 

C'è poco da discutere su coloro che si sono ravveduti e hanno cessato di abbattere cristiani, confidino il loro pentimento al parroco ma non implorino quella pietà che hanno negato alle proprie vittime, in favore delle quali si sono svolti tuttalpiù funerali solenni.

Troppo poco. Di questo si dovrebbero convincere anche le autorità transalpine invece di attaccarsi a questioni legali per trattenere, chissà fino a quando, i reduci della lotta armata, i quali al momento di dover rispondere delle loro pessime azioni hanno vilmente tagliato la corda. Ai cosiddetti intellettuali del menga, che ancora in questi giorni dimostrano vicinanza agli eversori amanti di falce e martello, chiediamo soltanto di stare zitti e di accontentarsi di averla fatta franca. Non possiamo dimenticare la lettera che scrissero sollecitando l'ammazzamento del commissario Luigi Calabresi. Le nostre parole non invocano vendetta, bensì un minimo di serietà.

 

 

 

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