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Astrazeneca, Boris Johnson ha i vaccini e non ha bisogno di alcun Recovery Plan

Giovanni Sallusti
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I medicinali finiranno in un paio di giorni. Non si troverà più cibo sugli scaffali dei supermercati. La City si trasformerà in un'immensa favela. Era la sorte che attendeva il Regno Unito all'indomani della Brexit, secondo i giornaloni e gli analisti seri, mica avvezzi ad esasperare ideologicamente la realtà come quei bavosi dei populisti. Notizie di questi giorni. Gli economisti dell'Item Club, gruppo indipendente di ricercatori che si basa sullo stesso modello econometrico utilizzato dal governo di Sua Maestà, hanno alzato a +6,8% le previsioni di crescita del Pil britannico per il 2021. Goldman Sachs, che evidentemente prima di rilasciare i propri rapporti non chiede l'autorizzazione a Frau Ursula, ha addirittura portato la stima a +7,8%, definendola "sorprendente". La banca d'affari prevede che la Gran Bretagna correrà perfino più degli Stati Uniti, la cui espansione è valutata al 7,2%. Nonché, vale la pena ricordarlo, esattamente il doppio dell'Italietta, impegnata in queste ore ad approvare (o meglio a ratificare frettolosamente) in Parlamento il salvifico "Piano nazionale di ripresa e resilienza" agganciato al carrozzone del Recovery Plan. Un'apoteosi di dirigismo eurocratico, con i soldi erogati da Bruxelles su obiettivi stabiliti tra quattro funzionari in un ufficio, in parte da restituire e soprattutto tutti a debito, cioè scroccati ai nostri figli. Boris non avrà il Recovery, canticchiavano gli eurotalebani al premier spettinato e dissidente, è sopravvissuto per sbaglio al Coronavirus, ma verrà travolto dalla pandemia economica, tornerà in ginocchio a chiedere l'elemosina sul continente. Macché, Boris non ha bisogno del Recovery, né della tagliola dell'Eurosoviet, perché anzitutto guida una nazione avanzata, dove la parola "mercato" non è un tabù ma un valore, dove ad esempio esistono delle multinazionali del farmaco («abbiamo avuto il vaccino prima di tutti grazie al capitalismo e all'avidità», disse un mese fa scandalizzando le prefiche politicamente corrette). Dopodiché, ha azzeccato appunto le tre mosse decisive in questa strana guerra del Covid, più e meglio di qualsiasi Stato europeo (il paragone diretto con l'Italietta lo tralasciamo, a beneficio del fegato nostro e del lettore). Ha impostato un'autentica campagna di vaccinazione di massa (oltre il 60% dei britannici adulti ha ricevuto la prima dose, e un quarto anche il richiamo, traguardo raggiunto ufficialmente ieri), ha rimborsato le aziende serrate con esborsi fino all'80% del fatturato perduto (non con "ristori" da supercazzola), ha predisposto per tempo un cronoprogramma di riaperture economiche e lo ha pubblicizzato, con tutte le ricadute benefiche che noi non abbiamo avuto, ad esempio sulla filiera del turismo. Doveva sprofondare nella Manica, oggi dà lezioni al (troppo) Vecchio Contiente, come già capitò al suo idolo, Sir Winston Churchill. Nessuno si salva da solo, hanno ripetuto durante tutta la pandemia attori, intellò, europarlamentari in difesa del proprio stipendio, persino Papa Francesco, attaccando il mito anglosassone per eccellenza, quello dell'individualismo. Balle, l'anglosassone Johnson impartisce a tutti loro la più empirica delle smentite, e si salva da solo. In solitudine letterale, fuori dal corpaccione burocratico della Ue, dimostrando a se stesso e al mondo che la sera della Brexit aveva ragione lui: «Questa non è una fine, ma un inizio». E in splendida solitudine filosofica, come modello: vaccini a tutto spiano, spiriti animali del capitalismo, riaperture effettive. È questa, a pensarci, l'unica vera "variante inglese", quella della libertà.

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