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Recovery Plan, l'alternativa ignorata: fare da soli. Perché ora siamo cornuti e mazziati

 Mario Draghi

Giancarlo Mazzuca
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Se dovessi trovare un titolo al film sul Recovery plan che, nonostante i cinema chiusi, abbiamo continuato a vedere, non ci penserei due volte: cornuti e mazziati. Da quando, infatti, la pandemia ci ha messi in ginocchio, abbiamo chinato il capo davanti all'Europa perché solo lei, dicevano, avrebbe potuto salvarci. Ci siamo così beccati 200 e passa miliardi di fondi ma a che prezzo? Tutti, anche gli euroscettici più convinti, si sono prostrati ai piedi di Ursula Von der Leyen per ringraziarla del Recovery diventato la panacea di tutti i mali. Solo i quattrini comunitari - così ci dicevano - avrebbero riavviato il trenino tricolore. 

 

Qualsiasi critica a Bruxelles e alla Bce era stata bandita: a caval donato, non si guarda in bocca. Ma Libero ci ha aperto gli occhi sul "regalino" comunitario: alla fine, la manna del Recovery si trasformerà in un salasso per le nostre tasche. Solo una piccola parte dei fondi europei sarà, infatti, a fondo perduto: dovremo restituire il resto con gli interessi, e che interessi... Per rimborsare i signori di Bruxelles ci attenderanno 37 anni di sacrifici e 4 prelievi fiscali extra. È legittimo chiedersi cosa lasceremo in eredità ai nostri figli. È vero, adesso l'importante è far uscire il trenino tricolore dal tunnel. Senza contare che diverse misure previste dal Recovery sono importanti: ma a quale prezzo? Sarebbe stato meglio chiedere un po' meno soldi dall'Europa e, sull'altro piatto della bilancia, percorrere strade diverse. 

Ad esempio, mesi fa avevo domandato al Tesoro perché non venisse allungato il nostro debito pubblico con l'emissione di titoli rimborsabili a lunghissimo termine (30 anni e anche più). L'idea poteva sembrare un po' balzana, ma oggi non è più così. Da una parte scopriamo, infatti, quanto ci verrà a costare il Recovery ma, dall'altra, stiamo anche leggendo del successo di certe emissioni di titoli pubblici: è il caso dei Btp a 50 anni che di recente hanno registrato, soprattutto dall'estero, richieste (64,7 miliardi) superiori di oltre dieci volte l'offerta. Nelle grandi capitali finanziarie non siamo, insomma, svalutati del tutto. 

 

Invece che affidarsi mani e piedi a Bruxelles, avremmo quindi fatto meglio, senza tirar troppo la corda dei Btp, a puntare su un giusto "mix" di interventi come facemmo dopo il crac della Lehman Brothers. Mi viene in mente la faccia gongolante di Conte quando annunciò che l'Italia avrebbe avuto dall'Europa più soldi di tutti gli altri "partner". Un trionfo? È stato, in realtà, un bell'autogol: cornuti e mazziati.

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