Coronavirus, così la pandemia ha oscurato le persecuzioni religiose
Non è solo la pandemia che fa soffrire milioni di persone oggi nel mondo. C'è un altro male, ancora più subdolo e più terribile perchè contro di esso non c'è quella mobilitazione di uomini e mezzi che, per fortuna, è in atto contro il Covid. Parlo della mancanza di libertà religiosa, della lotta e sempre più spesso della vera persecuzione contro le persone di fede, in particolare contro i cristiani. Sono 62 i paesi del mondo, abitati da più di un terzo della popolazione mondiale, dove la libertà religiosa è messa al bando. In 26 di questi paesi sono in atto vere persecuzioni contro le minoranze, e sono nove le nazioni che per la prima volta si sono aggiunte alla lista, di cui sette in Africa e due in Asia. L'Africa è il continente in cui le popolazioni soffrono di più, soprattutto a causa della progressiva radicalizzazione islamica, supportata da azioni sempre più violente e anche stragi ad opera di gruppi jihadisti. Violazioni ripetute della libertà religiosa si verificano nel 42% delle nazioni africane, oggi soprattutto in Burkina Faso e Mozambico. Ma la radicalizzazione islamica e il jihadismo avanzano a passi da gigante anche in Asia, dalle Comore nell'Oceano Indiano alle Filippine e al Mar Cinese Meridionale. L'azione di questi gruppi è fortemente coordinata e sta emergendo e rafforzandosi un gruppo unitario di comando strategico che punta a creare un cosiddetto Califfato Transcontinentale.
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Il rapporto
Il rapporto da cui traggo questi dati, appena pubblicato, è redatto dall'organismo pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre, e fornisce un quadro terribile, che val la pena di approfondire e far conoscere il più possibile. Ecco i dati più significativi: il 67% della popolazione mondiale, pari a circa 5,2 miliardi di persone, vive in paesi in cui si verificano sistematicamente gravi violazioni della libertà religiosa; 3,9 miliardi di persone vivono nei 26 paesi del mondo in cui è in corso una persecuzione legata alla fede; 1,2 miliardi di persone vivono nei 36 paesi in cui non è possibile professare liberamente la propria religione; 14 sono gli Stati in cui sono in corso indagini internazionali per probabili genocidi. Fra i paesi in cui la libertà religiosa è più duramente repressa vi sono gli Stati più popolosi al mondo, Cina, India e Pakistan. In Cina, dove circa 900 milioni di persone su un totale di 1miliardo e 400milioni si definisce aderente a qualche forma di religione o spiritualità, il controllo da parte del governo è implacabile. Per combattere la pratica religiosa le autorità fanno sempre più ricorso a sofisticati procedimenti tecnologici di riconoscimento personale e facciale, per individuare chi frequenta la chiesa, la parrocchia o la scuola cristiana, o i luoghi degli altri culti, e soprattutto chi vi conduce i figli, perchè è vietata qualunque forma di insegnamento e pratica religiosa per i minori di 21 anni. Si calcola che nel territorio cinese siano perennemente accese 626 milioni di telecamere di sorveglianza che monitorano le minoranze. Nel Pakistan vanno aumentando i gruppi estremisti che terrorizzano le comunità cristiane, soprattutto nelle zone rurali dove ai cristiani viene vietato l'accesso nei luoghi pubblici, caffè, ristoranti, negozi, e spesso viene impedito di lavorare. Continuano inoltre i rapimenti di ragazze e giovani donne, poi costrette a convertirsi all'islam e a sposarsi per far parte dell'harem dei loro rapitori, oppure sottoposte a stupri e abusi che le marchiano indissolubilmente prima di essere ributtate ai margini dei luoghi d'origine.
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Occidente assente
In Asia vi è poi il caso della Corea del Nord, il regime certamente più feroce con le religioni, giustamente definito "sterminazionista" per le durissime pratiche repressive nei confronti di chi non accetta il culto della personalità verso Kim Jong-Un. In Egitto sono i copti a essere nel mirino, a non sentirsi sicuri, anche per i casi di assassinio di preti e fedeli che si sono verificati recentemente. Ed è pure recente il caso agghiacciante di una giovane donna, Mariam Saad, e di suo figlio di sei anni uccisi con la scimitarra. Si potrebbe continuare, purtroppo, a elencare casi terribili, ma voglio concludere con una domanda: cosa facciamo noi, credenti d'Occidente, per combattere queste vergogne? E cosa fanno le istituzioni internazionali? Di libertà religiosa, in quei consessi, si parla troppo raramente e solo di sfuggita, non ci sono mai azioni mirate.