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Pietro Senaldi, i divieti punitivi non servono a nulla: basta con le regole moralistiche

Pietro Senaldi
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Ieri c'era il sole ed era sabato. Gli italiani, ai quali è impedito uscire la sera e che se fanno una gita fuori porta rischiano di doversi giustificare, sono andati a spasso nel pomeriggio per le strade delle loro città. Scandalo, attentato alla salute, disobbedienza civile: la macchina pubblica si è subito messa in moto per criminalizzare la popolazione e transennare le vie dei centri cittadini, che è un modo di mettere in gabbia le persone. Subito i tromboni giallorossi sono partiti in quarta a dire che bisogna richiudere, anche se non abbiamo ancora aperto. Eppure non è stata violata alcuna norma e tutti i più recenti studi hanno confermato che meno di un contagio su mille avviene all'aria aperta e che per trasmettere il virus bisogna stare a tu per tu con un ammalato per almeno una decina di minuti. Non c'è prova che nessuno sia mai stato infettato incrociando uno sconosciuto in strada, tant' è che dopo le prime settimane di delirante caccia all'untore, perfino Conte aveva autorizzato gli amanti del jogging a correre liberamente.

 

L'illogicità dei provvedimenti anti-Covid trasmette alle persone la sensazione che i divieti abbiano natura punitiva e moralistica più che sanitaria. Da qui il fatto che sempre meno persone osservino le regole. Alla base di questa indisciplina non sta il malcostume nazionale, come vorrebbe far credere il partito delle chiusure. È la comunicazione confusa e contraddittoria su tutto, dai vaccini alle logiche che determinano i colori delle Regioni, sommata a mesi di azione inefficace contro il virus da parte del governo e alla comprensibile esasperazione per il lunghissimo periodo di clausura, che porta la gente a tenere in scarsa considerazione i divieti.

 

Quando la legge è sgradevole, per essere osservata nel lungo periodo deve dimostrare di essere utile ed emanata da un soggetto autorevole. L'ecatombe medica e i battibecchi delle forze politiche hanno fatto venire meno questi due presupposti. Se oggi gli italiani si sono fatti un decalogo comportamentale personale su come regolarsi per non contagiarsi non è perché siamo un popolo di individualisti, ma perché i giallorossi prima, e ahinoi adesso anche il governo Draghi, non sono stati in grado di fornirne uno valido e convincente per tutti. Seppure troppo tardi, anzi per ultimi in Occidente e in Europa, la sola cosa su cui abbiamo puntato è la vaccinazione di massa.

Solo che prima ci siamo scordati di approvvigionarci di un numero adeguato di vaccini e poi abbiamo diffuso il panico tra le persone sugli effetti collaterali delle fiale, molto più rari di quelli di qualsiasi altro medicinale. Con questo quadretto, naturale che la gente si riversi nelle strade, se non altro per rinfrescarsi le idee e respirare una boccata di libertà, perché con i giallorossi in giro, ogni lasciata è persa. Domani si apre, ma dopodomani chissà. Chi vuol vivere viva, del futuro non c'è certezza.

 

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