Superlega, la verità di Carioti: "Scandalo? No, stupidità. Chi la voleva non sa che cos'è il calcio"
"Dottor Carioti, non sono un fanatico del calcio; anzi. Il mio interesse si esaurisce il lunedì mattina, quando mi informo se l'Inter ha vinto o perso. Però non capisco tutto lo scandalo nella proposta di fondare una Superlega che avrebbe incluso le migliori squadre europee. Avremmo avuto delle partite superbe richiamando milioni di spettatori (magari anche me). Lei può spiegarmi il motivo del vespaio? In un mondo oramai globale, partite di tale interesse avrebbero sicuramente favorito il calcio e tutto il mondo che gli ruota attorno". Gianni Rossi
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Io non vedo scandalo nel progetto di creare una simile Superlega, caro signor Rossi, bensì stupidità. Tanta. Credo sia questa la prima ragione per cui esso è crollato. Ho provato a spiegarlo su Libero di ieri, ma non ho problemi a tornarci. Gli ideatori, innanzitutto, avevano trascurato l'elemento più importante: i tifosi, i cui soldi alimentano tutto il circo del pallone. Si sono subito detti contrari, ed è ovvio: il calcio ha una sua mitologia, "è" identità. Lo prova il fatto che la squadra che si sceglie da bambini non cambia per il resto della vita e magari ti segue nella bara, sotto forma di sciarpa da stadio o di maglia del club.
Superlega, il sondaggio che travolge Andrea Agnelli: web e social, gogna pubblica
Quando Andrea Agnelli, presidente della squadra per cui tifo, dice che lo scopo della sua Superlega era «fronteggiare la competizione di Fortnite o Call of Duty », ossia due videogiochi, dimostra di non aver capito che alla base del business di cui egli si occupa c'è il sentimento (nessuno si fa seppellire abbracciato alla scatola di un videogame), e che se in nome del portafogli ammazzi il sentimento hai smesso pure di fare soldi. Né sarebbe stato un torneo tra migliori, come scrive lei. Il piano prevedeva che i fondatori sarebbero rimasti lì per diritto divino, qualunque piazzamento avessero ottenuto nei campionati nazionali. Ma il fatto che il calcio sia un'enorme industria non smette di farlo essere uno sport, e nello sport va avanti chi vince, non chi è arrivato prima o vanta più titoli nobiliari.
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