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Vittorio Feltri: "La polizia americana campionessa di grande brutalità"

Vittorio Feltri  

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Noi non abbiamo niente contro i cittadini americani, ai quali anzi dobbiamo gratitudine perché ci hanno aiutato militarmente, e finanziariamente, sul finire della seconda guerra mondiale, che si sarebbe conclusa, senza il loro ausilio, peggio di come è andata. Ciò detto e ribadito siamo disgustati dal loro modo di procedere per quanto riguarda l'ordine pubblico. Ieri è maturata una notizia sconvolgente che conferma la violenza inaccettabile cui gli agenti ricorrono troppo spesso. Un ragazzino di 13 anni - e sottolineiamo 13 - è stato assassinato da un poliziotto che lo aveva fermato, costretto a inginocchiarsi e ad alzare le mani in segno di resa.

 

 

Quando l'adolescente, ormai semi-immobilizzato, si è voltato per dimostrare di essersi assoggettato ai comandi, è stato abbattuto da un colpo di pistola in pieno petto. Una scena raccapricciante che ha suscitato orrore e scandalo. Un delitto inammissibile che merita soltanto di essere condannato con somma severità.

Immagino che i cittadini statunitensi siano sconvolti quanto noi e chiedano giustizia pur sapendo che in questi casi non esiste punizione adeguata. Il giovinetto è deceduto e nessuno può restituirgli la vita. Ci chiediamo quali regole vigano in America e quali siano i livelli etici cui i tutori della legge debbano attenersi nel reprimere la delinquenza. Noi teniamo alla morale ma non siamo moralisti. Ci limitiamo a constatare che frequentemente la polizia d'oltreoceano si rende protagonista di episodi lesivi della esistenza e della dignità umane. Qualche tempo fa un altro agente ha ammazzato un individuo tenendogli il ginocchio sul collo sino a soffocarlo. È in corso un processo e ne vedremo il risultato.

 

 

Tuttavia il problema è un altro. Le autorità politiche e amministrative non ritengono che sia giunta l'ora di rispettare la gente quand'anche si tratti di reprimere eventuali reati in divenire? Noi in Italia abbiamo introdotto una norma che vieta ogni tipo di tortura, e forse abbiamo esagerato poiché quando si ha a che fare con i delinquenti il galateo va accantonato, mentre negli Stati Uniti le barbarie sono abituali. Allorché il presidente padrone della Casa Bianca era Trump ogni misfatto era colpa sua, adesso che "regna" Biden, accolto come un liberatore, chi è il responsabile di certe spietatezze? Cari americani, datevi una regolata oppure ci autorizzerete a sputarvi in faccia. Intendiamoci, pure dalle nostre parti la cieca brutalità è stata praticata in maniera volgare e senza freni. Proprio ieri sul Giornale di Sallusti era pubblicata una lettera da brividi. Vi era scritto che è stata inviata a Mattarella una petizione affinché venga riabilitato il soldato Alessandro Ruffini, il quale fu fatto fucilare dal generale Graziani (grande guerra) perché non si era tolto il sigaro dalla bocca al passaggio dell'alto ufficiale dei miei stivali. Ancora oggi sui muri dell'edificio dinanzi al quale avvenne l'esecuzione sono presenti i fori provocati dagli spari. Ma almeno abbiamo il coraggio di ammettere che Graziani era un sadico meritevole lui di essere giustiziato, non certo il povero militare semplice.

 

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