Mario Draghi, ingiustizia sociale: perché mettere in ginocchio le Partite Iva è una scelta politica
La giustizia è uguale per tutti; in tutti i tribunali questa frase risuona e incombe come una garanzia nei confronti dei cittadini. Sappiamo tutti che non è così, purtroppo. Ma in questi mesi stiamo vivendo una enorme ingiustizia; il popolo è diviso in due, chi non ha subito nessun effetto economico dalla pandemia e chi è stato annientato. In questi giorni gli annientati hanno cominciato a alzare la testa, sfiniti da 13 mesi di restrizioni che li hanno messi sul lastrico. L'ingiustizia sociale è stata e continua a essere vergognosa per un paese che si dichiara civile. La giustizia sociale parte da un concetto molto semplice: tutti i cittadini hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. In questi mesi molti cittadini sono stati privati del diritto al lavoro, mentre molti altri hanno continuato a ricevere gli stessi emolumenti di sempre, come se nulla fosse cambiato. Non è il caso di parlare di ristori o risarcimenti, è un problema di diritti appunto, tolti a milioni di cittadini per un interesse pubblico, come se gettare nella disperazione milioni di persone non fosse un problema di interesse pubblico. Anche sul fronte della definizione di interesse pubblico sarebbe opportuno fare una riflessione; ormai gli interessi pubblici sono molteplici, collettività che si riconoscono in un unico interesse sono legate a tematiche nuove e antiche, anche gli ordinamenti giuridici sono ormai in difficoltà nel distinguere tra interessi di varia natura.
Interessi differenti - In questi mesi l'interesse alla salute pubblica è stato l'unico, ma se considerassimo l'interesse delle giovani generazioni o dei bambini probabilmente le scelte fatte da vari governi sarebbero giudicate illegittime e criminali da corti di giustizia internazionali; privilegiare una fascia di età, dando per scontato che i danni a una fascia più giovane siano marginali è una valutazione politica, non di giustizia. Disintegrare milioni di lavoratori autonomi e tutelare, senza un minimo di equità redistributiva, milioni di stipendiati pubblici e privati è una scelta politica, ma una enorme ingiustizia sociale. La politica è l'arte del compromesso, il bravo politico cerca di districarsi tra differenti interessi pubblici, ma stavolta non è stato così; è come se ci fosse stato un disegno mirato a affossare determinate categorie di lavoratori, alcuni dei quali visti come evasori, altri come perditempo, altri come lavoratori di attività non essenziali. Cosa sia essenziale o meno, tra l'altro, è un altro tema su cui discutere, ma non è questo il punto. La pandemia ha consentito al modello occidentale di raggiungere ciò che non era ancora riuscita a raggiungere, e cioè l'omologazione totale del pianeta, creando un modello paranoico che è riuscito a far star male anche chi sta bene, rendendo tutto ciò per cui valga la pena vivere un comportamento deplorevole. E così, il mondo, euforico dai vaccini, si illude di riaprire in sicurezza, eufemismo ridicolo e senza senso; che significa? Mantenere per sempre comportamenti da ipocondriaci psichiatrici? È questo l'interesse pubblico? Sarebbe il caso di riscrivere alcune definizioni da apporre in tutte le aule di tribunale.