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Mario Draghi e gli psicologi furbetti che saltano la fila? Sui vaccini la prima gaffe del premier

Mario Draghi

Laura Parolin
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Il presidente del Consiglio Mario Draghi, con un maldestro lapsus, ha utilizzato l'altra sera in conferenza stampa l'immagine di uno «psicologo di 35 anni» per esemplificare la schiera dei "furbetti" che saltano la fila nella campagna vaccinale. È lo stesso Draghi che, il 1 aprile, firmava il decreto legge 44 che obbliga tutti gli appartenenti alle professioni sanitarie (quindi anche tutte le psicologhe e gli psicologi) alla vaccinazione, pena la sospensione dallo svolgimento delle attività lavorative in presenza. Cosa possiamo dire di quello che si cela dietro a questo "scivolone"? Sicuramente è sotto gli occhi di tutti una campagna vaccinale sinora poco organizzata, dove la comunicazione maldestra e le direzioni regionali spesso poco efficaci non hanno aiutato a rassicurare gli italiani. Una campagna vaccinale che non ha ancora messo in sicurezza una popolazione, quella dei nostri anziani, che non solo è già stata falcidiata dalla pandemia, ma non è ancora protetta dal vaccino. Quindi forse a Draghi serviva "un altro" a cui attribuire la responsabilità? Lo psicologo furbetto che salta la fila privo di coscienza (Draghi ci va giù pesante, per introdurre adeguatamente il suo lapsus). Io, come psicologa e soprattutto come rappresentante di una categoria professionale, sottolineo non solo l'incoerenza e l'inconsistenza di queste accuse, ma voglio far notare come emerga una drammatica disinformazione rispetto alla nostra professione. Decine di migliaia di psicologhe e psicologi lavorano ogni giorno a stretto contatto con la sofferenza e la fragilità in strutture sanitarie pubbliche e private, scuole, comunità, organizzazioni, solo per citarne alcune. Permettere loro di vaccinarsi significa tutelare l'utenza con cui vengono a contatto. Sarebbe importante che la nostra classe dirigente politica, da quello psicologo (o psicologa) di 35 anni prendesse qualche spunto su come la tutela della salute passi dall'ascolto alle necessità della popolazione che oggi ha bisogno di supporto per far fronte all'emergenza psicologica in corso. La classe dirigente, in un reale ascolto, dovrebbe essere più consapevole di quanti italiani si confrontano con gli innumerevoli problemi legati ai disturbi mentali. Per citarne solo alcuni: le famiglie che devono fronteggiare le difficoltà di avere bambini o adolescenti portatori di difficoltà e/disabilità; i minori che vivono in contesti non tutelati, esposti a trascuratezza e maltrattamenti; le donne vittime di violenza; gli anziani che non trovano assistenza. E ancora, il crescente rischio negli adulti di ricorrere ad auto prescrizioni di psicofarmaci che spesso non fanno altro che incrementare il disagio. Quando comincerà, questa classe dirigente politica, a dare risposte concrete al bisogno di sostegno dei cittadini in una logica di integrazione dei saperi e delle competenze?

di Laura Parolin
Presidente dell'Ordine degli psicologi della Lombardia

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