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Pietro Senaldi in difesa di Mario Draghi: "L'unico che ci può salvare. Ma chi crede in Speranza..."

Pietro Senaldi
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Gli italiani non ce la fanno più. Non è solo una questione psicologica, dopo un anno di clausura. Per molti è anche un problema di cassa: se lo Stato ti impedisce di lavorare, ti vieta anche di guadagnare; e se non compensa con ristori economici, ti condanna alla fame. Le proteste dei giorni scorsi nelle città e davanti a Montecitorio non sono il lamento di pochi disperati montati ad arte dall'opposizione o da chi, nel governo, è favorevole a un allentamento delle restrizioni. Per uno che va in piazza a lamentarsi, ce ne sono duemila che soffrono in silenzio in casa e non hanno la forza né la fiducia nelle istituzioni. In questo scenario inizia a essere messo in discussione anche Mario Draghi.

 

 

Il premier è stato dipinto come Gesù Cristo e ora che non moltiplica pani, pesci e vaccini, lo vogliono crocifiggere. Calma e gesso. Le aspettative erano alte, perché il governo Conte ci aveva cacciato molto in basso. Però la risurrezione dell'Italia dal sepolcro nel quale l'hanno tumulata i giallorossi non è un atto di fede, servono dati concreti, sono necessari più di tre giorni. Ogni giudizio espresso ora su questo governo non può che essere affrettato. L'uomo ha i suoi tempi, prima di agire lascia che la foglia si posi, prende le coordinate di dov' è. È accaduto anche quando ha fermato l'austerità della Merkel e la speculazione contro l'euro, una presa di posizione meditata per più di un anno. È auspicabile, finanche possibile, che tra un anno si vedrà il lavoro di semina che sta facendo Draghi in queste settimane. Di certo le critiche al premier sono legittime e talvolta fondate, però prima di processarlo in piazza bisognerebbe ricordarsi che non ha chiesto lui di andare a Palazzo Chigi. SuperMario aveva tutt' altri progetti, poi il Paese gli si è messo in ginocchio davanti, il capo dello Stato ha congiunto le mani, forse tendendo anche una mela avvelenata, e il banchiere dei due mondi non ha potuto opporre il gran rifiuto.

 

 

IL MIGLIORE SU PIAZZA
Una cosa a Draghi la riconosce anche chi lo attacca: è il migliore su piazza in economia e politica estera. È un ottimo punto di partenza. Un genio della medicina non lo diventerà mai, né lo si può pretendere. Liberarsi del ministro Speranza e sostituirlo con uno dei tantissimi luminari di cui l'Italia è ricca lo aiuterebbe però a entrare in maggior confidenza con la rogna della pandemia. Anche sulla caccia alle fiale, l'uomo fa quello che può. Non è colpa sua se l'Europa ha firmato contratti capestro e se continua ad attaccare Astrazeneca, quasi a voler scaricare sulla multinazionale anglo-svedese il proprio fallimento. Più la Ue insiste nell'offensiva, più il colosso farmaceutico stringe i rubinetti delle dosi per il Vecchio Continente e le piazza fuori, a chi è contento di prenderle e grazie a esse sta uscendo dall'emergenza. Solo chi ha un virus al posto del cervello non lo capisce.

SE LA CAVI DA SOLO
La situazione è grave e l'ex governatore, che è più politico del 90% degli onorevoli che scaldano il sedere in Parlamento, ha capito che deve cavarsela da solo, non può far conto sui partiti. Tutte le forze del governo sono corse sotto il cappello di Draghi come bambini sotto la gonna della mamma. I giallorossi non sapevano più come andare avanti e hanno chiamato in servizio il banchiere per salvarsi dal loro fallimento politico, lasciare la patata bollente in mani più capaci e pensare a rappattumarsi. M5S si è dato un nuovo capo e pure il Pd ha cambiato cavallo. Dal voto ai sedicenni alle quote rosa, dalle adozioni gay agli immigrati, grillini e dem si occupano di tutto, tranne dello stato in cui hanno lasciato il Paese. Sono convinti che l'epidemia si risolva non parlandone e lasciando le chiavi del carcere Italia nelle mani di Speranza.

 

 

La Lega protesta per le mancate aperture ma è la sinistra ad avere i fucili spianati, pronta a impallinare il premier al primo sbaglio, livida e rancorosa per aver dovuto cedere il potere e condividere la responsabilità di governo. Tra meno di tre mesi gli italiani saranno vaccinati, arriveranno i soldi dell'Europa e il Covid batterà in ritirata. A quel punto avremo le ginocchia a terra, e per rialzarsi la mascella squadrata di Draghi ci servirà più del vaporoso ciuffo di Conte. Nel frattempo al premier chiediamo di essere all'altezza di se stesso: dopo aver imposto alle Regioni di vaccinare secondo criteri di salute pubblica e non per simpatia, imponga la profilassi a tutti e finiamola con le polemiche sul nulla. Muoiono centinaia di persone al giorno e facciamo un caso per trenta decessi sospetti su venti milioni di siringhe. Sono polemiche da sinistrati che si trovano bene reclusi e credono ancora negli ultimi sforzi chiesti da Speranza, una nenia che ha addormentato il Paese.

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