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Coronavirus, non solo vaccino: ecco la cura che batte il Covid. Addio lockdown, come si vince la battaglia

Paolo Becchi, Giulio Tarro
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Si è sbagliato nella gestione del virus (come tra l'altro riconosciuto di recente anche dalla rivista inglese Nature che fa a pezzi il Comitato Tecnico Scientifico italiano) ed ora si sta sbagliando proponendo nuovi inutili lockdown di fronte ad una campagna vaccinale sinora del tutto fallimentare. Basti dire che essa è iniziata da alcune categorie sociali di privilegiati, mentre gli anziani - i veri colpiti da questa malattia- nell'attesa del vaccino continuano a morire, o che si è sospeso l'uso di un vaccino per pochi giorni solo per fare un piacere a Angela Merkel. Ma cerchiamo di chiarire, da un punto di vista scientifico, una volta per tutte alcuni punti. 

 

La Covid-19 non è una banale influenza, ma nemmeno la peste: è una pandemia virale di tipo influenzale che colpisce soprattutto gli anziani. L'analisi del genoma del virus dimostra chiaramente che appartiene ad un ramo filogenetico distinto da quello del Sars, anche se entrambi sono derivati dal coronavirus tipo Sars isolato nel pipistrello. Come il nuovo virus sia mutato e si sia adattato all'uomo in breve tempo deve ancora essere spiegato, sembrerebbe un ricombinante di un numero di diversi coronavirus conosciuti. È la terza volta che succede in 17 anni e non possiamo sapere se quello attuale sia l'ospite finale. Almeno 50 coronavirus sono stati isolati nei pipistrelli (per lo più dall'intestino) che rappresentano il principale serbatoio di questa famiglia virale. Il virus da pandemico è ormai diventato endemico ed abbiamo il 90-95% asintomatici positivi, che non sono contagiosi. Sappiamo curare questa malattia e con i vaccini siamo in grado di prevenirla. 

Questa è la realtà. L'anno scorso al Centro e al Sud Italia sono morti meno che nelle regioni settentrionali usando subito cortisone ed eparina che hanno evitato le trombo embolie. Cure inadeguate e posti di terapia intensiva tagliati negli anni scorsi: questi due aspetti non devono essere dimenticati quando si contano i numeri dei morti di marzo e aprile dello scorso anno, come non bisogna dimenticare che è stato necessario un parere del Consiglio di Stato per usare l'idrossiclorochina. Va ribadito un concetto: la Covid-19 non è oggi una malattia incurabile, anzi curata tempestivamente con farmaci adeguati può persino evitare in molti casi il ricovero ospedaliero. Detto questo il vaccino è certo utile per prevenire la malattia. Chi lo nega è fuori dalla realtà. No-Vax e Covid-paranoici sono due facce della stessa medaglia. 

 

IMMUNITÀ DI GREGGE
Com'è noto, il principio sul quale si basano i vaccini è inoculare nel soggetto sano quantità attenuate dell'agente patogeno da quale ci si vuole difendere così da suscitare una reazione immunitaria. Oltre a questo beneficio ve n'è un altro altrettanto importante: la vaccinazione del singolo individuo riduce il numero dei soggetti che possono trasmettere l'infezione. Si ha, quindi, quella che è stata definita immunità di gregge ( herd immunity), la quale finisce con il fornire protezione anche agli individui che non sono stati vaccinati. Una qualsiasi vaccinazione per poter proteggere una comunità deve quindi interessare una grande percentuale degli individui. In taluni casi, purtroppo, il vaccino può provocare anche gravi effetti sulla salute di singole persone. È un farmaco, non acqua fresca. 

Già ai tempi di Jenner nacquero movimenti che oggi chiameremmo "No-Vax": i primi nel 1853, in Inghilterra, con l'introduzione dell'obbligo vaccinale contro il vaiolo nei bambini di tre mesi. Grazie a quel vaccino oggi però il vaiolo non esiste più. Ci sono però vaccini e vaccini, riportiamo i più importanti vaccini anti-Covid. I vaccini a Rna messaggero sono quelli della Pfizer BioNtech e della Moderna, l'Rna fa da modello per produrre la proteina spike della Covid-19 e stimolare una risposta immunitaria. L'efficacia di questi vaccini è tra il 90 e 95%. Hanno ultimato la fase 3 prima della loro autorizzazione per la distribuzione in Usa, Europa ed altri Paesi nel Medioriente e nell'America del Sud. Sono necessarie due dosi rispettivamente dopo tre settimane per la Pfizer e dopo un mese per la Moderna. La conservazione ha bisogno di meno 70°C per la Pfizer con cinque giorni in frigorifero per la sua somministrazione. Quello della Moderna si può conservare per sei mesi a meno 20°C e per un mese in frigorifero. Nei vaccini che sono basati sul vettore virale, un virus benigno viene fornito del gene della Covid-19 per produrre la proteina spike. L'efficacia varia dal oltre il 90% dello Sputnik di Gamaleya, al 70% per quello della Oxford AstraZeneca. 

Hanno tutti completato la fase 3 e sono rispettivamente autorizzati quello Russo in Russia e Belarus, Argentina e Bolivia, Algeria, Palestina e Serbia, mentre quello dell'AstraZeneca in Gran Bretagna, Argentina, India e Messico. Infine, quello della Johnson e Johnson è in corso di autorizzazione. Il vaccino russo viene somministrato in due dosi a distanza di tre settimane, mentre quello Inglese sempre in due dosi a distanza di quattro settimane. Per quello nuovo Johnson e Johnson sembra che sia sufficiente una sola somministrazione. Si conservano tutti a temperatura di frigorifero, mentre per lunghi periodi si prevede la conservazione a meno 20°C per quello russo, e addirittura due anni a meno 20°C per quello che sta per uscire anche con tre mesi di frigorifero, stessa temperatura per quello della Oxford. Infine, c'è il vaccino cinese Sinopharm con virus inattivato attraverso un processo chimico che conserva le strutture virali, l'efficacia è di oltre l'80%. Dopo la fase tre delle prove cliniche viene usato in Cina, negli Emirati dell'Arabia Unita, in Egitto e Giordania. 

 

Anche in questo vaccino si utilizzano due dosi a distanza di tre settimane con conservazione in frigorifero come quello Inglese. Qualcosa va ribadito sui vaccini a mRna: al momento non si può escludere che inducano una risposta infiammatoria non specifica nei riguardi dell'mRna capace di aumentare la risposta specifica ed immune. Nuove proteine umane, chiamate fattori di trascrizione, possono essere riprodotte e predispongono al rischio di malattie autoimmuni. Questo viene negato in Italia, ma il dibattito scientifico su questo punto esiste. Noi non sappiamo davvero come funzionerà questo nuovo tipo di vaccino, soltanto il tempo ci dirà se avrà degli effetti collaterali duraturi sull'organismo umano. Chi non lo ammette fa solo propaganda. 

MEGLIO IL RUSSO
Tra i vaccini "tradizionali" il più evoluto al momento è quello russo, perché è a doppio vettore virale. Infatti viene usato come vettore l'adenovirus umano tipo 26 per la prima somministrazione e quello tipo 25 per il richiamo. Che il governo italiano lo abbia escluso per motivi politici è un grave errore. Non si può dire che al primo posto venga la salute degli italiani e poi sacrificarla in attesa del nuovo vaccino americano. Ma tutti i vaccini a adenovirus modificato - va ribadito- sono sicuri e efficaci. L'adenovirus non si replica e non provoca malattia, pertanto il vaccino diffonde il gene del Sars CoV2 nelle cellule dell'organismo. 

 

Vengono prodotte le proteine spikes riconosciute dal sistema immunitario del vaccinato come estranee rispondendo con anticorpi e cellule T. Successivamente in un futuro contatto con il virus l'organismo produrrà mediante l'immunità umorale e cellulare la risposta al virus impedendogli l'entrata nelle proprie cellule e distruggendo le cellule infette. In conclusione, una buona campagna vaccinale è utile e negarlo è il frutto di pregiudizi ideologici. Il che non significa che non sia necessario curare chi già è malato con cure adeguate, che esistono e sono efficaci. Noi come italiani dopo aver perso la prima guerra stiamo perdendo anche la seconda. Non imparando neppure dagli che errori che abbiamo commesso, e cioè che un lockdown generalizzato non serve assolutamente a niente.

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