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Laura Boldrini, la brutta fine della pasionaria di sinistra e femminista senza gioia rovinata da quattro soldi

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Laura Boldrini

Costanza Cavalli
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È proprio bravetto, quel giallista anonimo che ha inventato il personaggio di Laura Boldrini, pasionaria di sinistra, femminista senza gioia, manipolatrice di passioni civili, Barnum di questioni marginali, che dietro una determinazione ferina nasconde inconfessabili pulsioni, da manuale del thriller, che svelano un doppio disturbante, l'esatto inverso della sua figura pubblica. Si badi, questa è una difesa, anche se non strenua, dell'ex presidente della Camera, che ci pare doverosa dopo i fatti recenti a causa dei quali la fin troppo ciarliera torre di babele ideologica che ne ha distinto il perimetro politico è venuta giù, e probabilmente non tornerà più su. La rivelazione dell'ultima pagina scritta dall'anonimo scrittore bravetto è che Laura Boldrini non esiste. Meglio, non è esistita. Ed è una difesa (anche se non strenua) perché quelli che adesso la deridono hanno poco da ridere: abbiamo sempre avuto sotto il naso gli indicatori della verità, ma anche quando ci siamo accorti di qualcosa di strano non ci abbiamo davvero badato, per il meccanismo inconscio che induce al rifiuto, perché in fondo siamo gente perbenino e pur sapendo che niente è come sembra, continuiamo a desiderare che lo sia. Vale sia per chi ha creduto nella pubblica Boldrini, ma anche per chi l'ha detestata e ha buttato tempo e fatica a prendersela con qualcuno che non c'era. Ma questo è il fascino dell'immaginazione: con questo stratagemma Conan Doyle ha messo alla frusta il genio di Sherlock Holmes per quattro romanzi e 56 racconti. Lo ha fatto perfino il buonissimo G.K. Chesterton: in "La forma errata", la soluzione del caso si trova nelle forme impercettibilmente sbagliate di vari oggetti. Lo scrittore anonimo bravetto ha disseminato la trama boldriniana di indizi: la formazione nell'Unhcr e i discorsi programmatici (fatti depistanti, almeno per i salotti devoti alle apparenze); la crescita politica in seno ai vendoliani (qualche sospetto doveva venire), l'appoggio di Dario Franceschini che l'ha spinta al soglio della presidenza della Camera (volere un personaggio dall'indole maniacale su una sedia dove si richiede equilibrio, vedete voi).

 

 

FUORI FUOCO
Un segnale molto più chiaro si era palesato quando, già presidente, scatenò la sua furia contro Paola Perego, quattro anni fa. Su RaiUno la presentatrice commise l'imprudenza di elencare, con tono faceto, le "doti" delle donne dell'Est, permissive sui tradimenti, con i corpi insensibili agli urti del parto. Si divertirono tutti tranne la Boldrini: ma la facezia è peccato mortale, per un volto sul quale sono depositati un sempiterno broncetto e un naso che taglia le nuvole. Chiese e ottenne la testa della Perego e la chiusura del programma, mandando a spasso chi ci lavorava. Una donna che fa fuori una donna, una donna di sinistra che fa sparire il lavoro a gente incolpevole per una questione di principio inconsistente ed esclusivamente sua. Un'avvisaglia di quel suo tipico "fuori fuoco" sulla realtà si era manifestato l'anno precedente, quando aveva istituito una commissione contro intolleranza e crimini d'odio: eravamo ancora scioccati dalla strage al Bataclan, ma, pur con una donna italiana tra le vittime, Valeria Solesin, la Boldrini si mostrò insensibile all'odio islamista, preferendo concentrarsi sul nazismo e intitolò la commissione a Jo Cox, deputata britannica uccisa da un filonazista. "La" Boldrini: avete visto? Possiamo nuovamente mettere il vietatissimo articolo di genere davanti al suo cognome, la la la Boldrini, che nella sua ossessione per i dettagli femministi superflui è anche stata un meraviglioso cittadino (va bene, cittadina) di Gotham City, la metropoli di Batman popolata da incubi psicanalitici: pensate a Due-Facce, a Poison Ivy, all'Enigmista. Tutti personaggi doppi, dediti al nascondimento, affaticati da fissazioni, prima fra tutte il potere, in cui invariabilmente precipitano e si sfracellano nell'attimo spietato in cui la loro corporea fallibilità prende il sopravvento. È gothamiana, per dirne una, la dedizione con cui la Boldrini ha cercato di "femminare" ogni parola neutra riguardasse una femmina: quando si insediò alla terza carica dello Stato fece rifare le carte intestate, imponendo la dicitura "la presidente".

 

 

Provocando una slavina di pubbliche discussioni e ipercorrettismi. La terza carica dello Stato che s' impunta su questa cosa e sulle mille altre analogamente decorative convertite in vitali (la indignò che i busti e i ritratti presenti in parlamento fossero solo di uomini e pretese una sala dedicata alle effigi delle donne, "la prima sindaca, la prima deputata, la prima ministra") non può che essere un personaggio letterario. Le ultime cronache raccontano di atteggiamenti da prima ballerina, di villanie dittatoriali nei confronti della colf al suo servizio per otto anni (inclusa una inspiegabile ritrosia a pagare il dovuto dopo averla allontanata), di un'assistente parlamentare (molto malpagata, ma non si doveva combattere il gender gap?) trasformata, un incarico extra dopo l'altro, in personal shopper. Ma Laura Boldrini non deve aver capito neppure la sua sceneggiatura e ha replicato che si è comportata così perché è «una donna sola». Noi lasciamo una porta aperta alla possibilità che ella sia una donna sola perché si comporta così. Il disvelamento è arrivato tardi, perché la Boldrini non ha più cariche di primo piano, ma questo è l'escamotage narrativo finale dello scrittore anonimo e bravetto, la cifra dell'ineluttabilità dell'assurdo fra le mura di Montecitorio. Colpa vostra, nostra, averla presa su serio, come se fosse vera. Fosse stata vera, pardon.

 

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