Filippo Facci inorridito dall'operatore sanitario mai vaccinato e anche untore: "Un'epidemia di def***za"
C’è un’epidemia di deficienza in alcuni ospedali della Liguria, ma trovare i colpevoli è più difficile del previsto: perché il vaccino fornisce l’ago, ma il pagliaio è l’insieme degli appigli legislativi che impediscono la cosa più semplice: impedire che dei malati siano curati da altri malati, impedire che tu possa entrare in ospedale per una malattia e restarci per un’altra, o restarci proprio. Secco. Ma cominciamo dalle notizie o dai loro aggiornamenti: in Liguria, appunto, si è verificato un secondo cluster ospedaliero (cluster vuol dire grappolo, perché non chiamarlo grappolo?) legato a un operatore sanitario che non si era vaccinato.
Dovrebbe essere un no-vax dichiarato, ma la certezza assoluta non c'è. Il caso si è verificato questa volta a Lavagna (Genova) dove si sono registrati - dato aggiornato - 14 positivi, ossia alcuni ricoverati del reparto di Medicina più l'operatore che li avrebbe contagiati. A rivelarlo è stato il presidente della Regione Giovanni Toti. C'è anche un altro grappolo più contenuto che riguarda una Rsa (Residenza sanitaria assistenziale) che sta a Tiglieto (Genova) dove due operatori che lavorano all'interno hanno contagiato tre pazienti che hanno dovuto ricorrere alle cure ospedaliere. «Fortunatamente, uno è già stato dimesso e nessuno è in pericolo di vita», ha detto Toti, secondo il quale «dalle indagini dell'Asl, personale ospedaliero non vaccinato ha portato il virus all'interno di un reparto e ha provocato nove pazienti positivi che sono ricoverati a Lavagna». Era tutta gente già ospedalizzata per altri motivi, ma ora ha preso il virus dopo aver incontrato lo staff «che evidentemente ha rifiutato il vaccino», dice, «visto che il personale sanitario è già stato vaccinato tutto da tempo».
In sostanza uno va in ospedale per curarsi e si ammala di Covid, e la tentazione, facile, sarebbe quella di indirizzare alcuni calci nel deretano dei responsabili no-vax: che non hanno una coscienza ma purtroppo neanche una legislazione univoca e chiara che ce li tolga dai reparti. Sul problema - la gestione dei deficienti che sono a contatto con persone fragili ma non vogliono vaccinarsi né levarsi di torno - Toti dice di aver già discusso col ministro della Salute, nella speranza (perdonate il pasticcio) che il legislatore corra ai ripari al più presto con un'interpretazione univoca.
Nell'attesa, la deficienza fa danni. Sui morti del reparto Maragliano dell'ospedale San Martino di Genova (almeno tre) sta indagando la Procura perché è lo stesso reparto dove si è acceso un focolaio con 17 positivi, e dove c'era un'infermiera positiva che aveva rifiutato il vaccino: c'è un nesso causale? Lo vedremo, ma colpisce che l'infermiera - e altri come lei - non si siano posti preventivamente il problema. Intanto la Procura ha cercato di stabilire che il datore di lavoro che non sposta il no vax a un'altra mansione (non a contatto con il pubblico) potrebbe essere sanzionato per omissioni sulle norme della sicurezza del lavoro. È un'interpretazione che al solito occupa, con giurisprudenza improvvisata, una vacatio legis: c'è anche stata la sentenza del tribunale del lavoro di Belluno che ha approvato le ferie forzate per dieci operatori di una Rsa che avevano rifiutato il vaccino.
Ma resta un casino, perché bisognerebbe valutare caso per caso: sta di fatto che a oggi non c'è un obbligo di fare un vaccino e al contrario c'è il diritto di rifiutarlo in virtù dell'articolo 32 della Costituzione, che a sua volta però cozza con l'articolo 2087 del codice civile, secondo il quale il datore di lavoro deve tutelare l'integrità dei lavoratori e di chi entra in contatto con loro. Come se ne esce? Forse stabilendo che un vaccino è un dispositivo di sicurezza, come molti suggeriscono. E non solo in ambito ospedaliero. Intanto il consiglio regionale ha approvato un documento che stabilisce il «vaccino obbligatorio per il personale sanitario», da riproporre in sede di Conferenza Stato-Regioni; Toti aveva anche pensato a una legge regionale per l'obbligo vaccinale di chi lavora negli ospedali, ma i costituzionalisti hanno fatto capire che senza una legge dello Stato non si può fare.
Rimanendo in Liguria, c'è lo sbotto di Matteo Bassetti, che al San Martino ci lavora: «Fuori dagli ospedali i sanitari no vax». Ma il direttore generale dello stesso ospedale, Salvatore Giuffrida, dice che destinare a mansioni diverse i sanitari che non si vaccinano è addirittura «impossibile, bisognerebbe capire cos' è un ospedale prima di fare certe affermazioni». Cos' è un ospedale? Nel suo caso, è un posto dove «ci sono 400 infermieri no-vax, è impossibile toglierli dai reparti non sapremmo come sostituirli». 400? In effetti, nel policlinico genovese, quasi il 17 per cento ha rifiutato l'iniezione: un'enormità, ma anche un promemoria per ristabilire nuovi criteri di assunzione in futuro.
Infine, siccome ci vogliamo tanto male, ascoltiamo anche il verbo del sindacato degli infermieri (Nursing Up) che dice «Basta gogna mediatica su chi ha rifiutato il vaccino». Ha ragione: gogna e basta, non solo mediatica. Il segretario sindacale, che non vogliamo citare, ha detto che moltissimi infermieri nel tempo sono risultati positivi e che è la categoria più esposta e che paga il prezzo più alto. E dunque? E dunque il segretario ricorda che, secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, chi è stato positivo nei sei mesi precedenti può «scegliere di ritardare la vaccinazione fino alla fine di questo periodo». Capito. Non sono dei no vax: sono dei ligi esecutori dei protocolli dell'Oms che poi si vaccineranno in massa. Tutto molto probabile. L'amico del Nursing Up ci ricorda inoltre che «il datore di lavoro non può e non deve conoscere la situazione vaccinale dei propri dipendenti perché solo il medico competente è tenuto a conoscerla». Se nella tua officina hai un malato contagioso, cioè, non hai il diritto di saperlo. Molto logico. Molto attuale. Il lavoro non si tocca. L'Italia è una repubblica fondata sul contagio.