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Bruno Tabacci, un democristiano su Marte. La stoccata di Filippo facci: così gioca a fare l'astronauta

Filippo Facci
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Prima la notizia: il governo ha assegnato a Bruno Tabacci le deleghe alle politiche sullo spazio, e questo significa che dovrà gestire l'agenda per gli investimenti collegati ai 10 miliardi (tanti) che il «Next generation Eu» assegna per questioni di difesa e appunto aeropazio. In secondo luogo, circa la delega allo spazio, bisogna far fuori subito tutte le battute possibili, sennò ci incagliamo subito: 1) una l'ha già fatta Bersani, ed è «speriamo che non voli troppo alto»; 2) Draghi l'ha mandato in orbita, pur di liberarsene; 3) lo spazio è l'unica zona che la Dc non aveva lottizzato; 4) delega di sola andata, vero?; 5) hanno già indagato un asteroide; 6) fate vobis. Poi bisogna fare i seri, e ricordare che l'Italia dello spazio è forte, lo crediate o meno, e che l'Agenzia aeropaziale italiana lo è di conseguenza in un mercato destinato a valere migliaia di miliardi di dollari entro 20 anni. La delega rappresenta comunque un cambio di marcia positivo: anzitutto perché Tabacci è un discreto manager, poi perché subentra a uno come il grillino Riccardo Fraccaro sulle cui competenze si preferisce tacere.

 

 

NON SARÀ SOLO
Poi è anche vero che Tabacci non verrà lasciato in orbita da solo: in concreto affiancherà il presidente del Consiglio Mario Draghi nel muoversi in un settore che ha raddoppiato l'impegno finanziario dell'ultimo anno: Tabacci dovrà comunque individuare e proporre i progetti da finanziare, ed eventualmente monitorare i lavori. Potrà sembrare un tema non attuale o non urgentissimo, ma è un errore: in Europa l'Italia è davvero all'avanguardia nella filiera aerospaziale che comprende la costruzione di infrastrutture spaziali e la distribuzione di servizi necessari come la meteorologia e le telecomunicazioni. È anche vero che il nostro Paese parteciperà al programma lunare degli Stati Uniti Artemis. Punti deboli del nostro approccio? Non abbiamo un'adeguata rappresentanza internazionale a livello politico, e infatti nessuna candidatura italiana è arrivata in finale per il ruolo di direttore dell'Agenzia spaziale europea (Esa) nonostante l'Italia sia al terzo posto come contribuzioni con 2 miliardi e 288 milioni di euro: quasi il 16 per cento del budget complessivo. Insomma, c'è da lavorare, sempre sotto l'occhio lungo di Draghi. Va anche ricordato il contratto Esa per la realizzazione di Space Rider, il primo shuttle europeo (automatico e riutilizzabile) che avrà una leadership italiana e dovrebbe essere lanciato nel 2023: e i cosiddetti prime contractor di una commessa da 167 milioni di euro sono Thales Alenia Space Italia e Avio, con Telespazio e Altec.

 

 

Ma l'elenco delle aziende italiane interessate e già coinvolte nei più svariati progetti sarebbe lunghissimo, e non è roba che dobbiamo immaginare spersa in qualche angolo del sistema solare: la miniaturizzazione delle tecnologie spaziali ha già permesso di testare il primo trasporto di materiale biomedico con droni pilotati via satellite (fra due siti dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù, vicino a Roma) e non andrebbe dimenticato IcuTrain, un treno che attraverserà la Penisola con a bordo ambulatori e venti posti di terapia intensiva, collegato alla rete via satellite con un'antenna speciale; potrà supportare aree la cui sanità è in crisi adesso, in piena pandemia, come rivelarsi cruciale nelle emergenze future causate da un terremoto o da altri eventi catastrofici. A essere lunghissimo, insomma, sarebbe anche l'elenco delle attività spaziali traducibili in servizi concreti per la Terra.

SOPRAVVISSUTO
Detto questo, siamo liberi di sorridere che alle politiche spaziali sia finito Bruno Tabacci: ma è un sorriso compiaciuto, perché non è che in giro ci fosse granché di meglio, anzi. A far sorridere, detto simpaticamente, è che Tabacci si dimostri ancora politicamente vivo. La raffica di accuse che le varie Mani Pulite gli hanno scaraventato contro, nei secondi anni Novanta, fa spavento: lui ne è sempre uscito con solo un po' di polvere sulle spalle. Da allora è stato politicamente ovunque e ha presenziato ovunque, inutile fare elenchi. Però è emblematico che a fine marzo 2009, durante una trasmissione politica su Sky, ci fu un'intromissione telefonica di Beppe Grillo durata 18 minuti la cui premessa fu questa: «I cittadini si sono rotti i co**ni di quella gente che avete lì in studio». E la gente in studio, passiva e fatalista, era la seguente: il presidente della regione Lazio Piero Marrazzo, il sottosegretario allo Sviluppo economico Adolfo Urso, e Bruno Tabacci. Indovinate chi è ancora in circolazione.

 

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