Fabrizio Cicchitto, lezione al Pd: perché le quote rosa non bastano. Quali donne valgono davvero
Caro direttore, a proposito delle elezioni di due donne alla presidenza dei gruppi parlamentari del Pd, prescindiamo dalle ragioni strettamente politiche e dai rapporti fra il nuovo segretario Enrico Letta e le correnti interne, ma concentriamo la nostra attenzione sul merito della questione. Ebbene, prescindendo da tutto il contesto (che invece pesa moltissimo), a nostro avviso messa in questo modo la questione («i gruppi eleggano due donne alla presidenza») non dovrebbe esaltare affatto il mondo femminile. La questione uomo-donna se portata alle sue logiche conseguenze dovrebbe concentrarsi in questo punto: la questione essenziale non sono le quote, le cosiddette «quote rose», ma il merito delle persone indipendentemente dal sesso.
Ora, da questo punto di vista da sempre, ma in modo più netto attualmente, sul terreno del merito non può pesare assolutamente la differenza di sesso perché non c'è alcuna differenza di qualità derivante dal genere, ma solo dalle singole caratteristiche delle persone. In teoria una determinata posizione potrebbe essere coperta da 11 donne su 12 sulla base di una valutazione di merito.
Del resto, abbiamo visto in questi mesi qualcosa di questo tipo per ciò che riguarda molti centri di ricerca: c'è una maggioranza di donne non derivante certo da un maggiore potere femminile, ma dalla qualità delle persone in campo che non è stata deviata o bloccata dal maschilismo. Faccio un altro esempio: dopo che una demenziale circolare del ministro della Salute del 29 gennaio 2020, che ha modificato in peggio una precedente del 22 gennaio mettendo limiti inaccettabili e controproducenti all'uso dei tamponi, l'Italia deve alla dott.ssa Malara se a Codogno il 21 febbraio è stato scoperto il paziente 1 (in effetti di contagiati in Lombardia ce n'erano già un migliaio) perché essa ha deciso di andare oltre il protocollo derivante da quella circolare e ha sottoposto quel paziente a un tampone.
Ma di esempi se ne potrebbero fare moltissimi, tutti derivanti dalla qualità delle persone e non dal loro sesso. Allora avrebbe avuto molto più senso se Letta avesse sottoposto l'indicazione precisa di una deputata e di una senatrice al voto a scrutinio segreto dei due gruppi che non la richiesta generica di avere «due donne in quelle cariche».
La indicazione con tanto di nome e di cognome sarebbe un'assunzione di responsabilità fondata in maniera trasparente su una valutazione del merito della persona indicata, invece la semplice richiesta fondata solo sul genere, a nostro avviso, è, certo del tutto involontariamente, quasi offensiva nei confronti di tutti i protagonisti della vicenda. La richiesta «indicatemi due donne» per un ruolo così carico di soggettività e di qualità personali qual è quello del capogruppo francamente ci appare stonata proprio per la sua genericità, che prescinde dal merito di una scelta molto personalizzata: in questo caso il sesso o il genere come li vogliamo chiamare dovrebbe comunque prevalere a prescindere da tutto.
A nostro avviso non 20, ma forse 2 o 3 deputate o senatrici del Pd possono essere alla pari o superiori a Marcucci e a Delrio, due personalità di notevole valore. Allora un segretario di partito volendo arrivare sino al punto di richiedere un cambiamento nella presidenza dei gruppi, richiesta molto invasiva rispetto alla logica deI gruppi parlamentari, dovrebbe bere fino in fondo l'amaro calice e assumersi la responsabilità di indicare una persona di qualità con tanto di nome e di cognome e non genericamente «due donne» che invece suona male da tutti i punti di vista.