Classe politica inetta e impreparata, non è che manca la Democrazia cristiana?
Cosa succede quando una democrazia poggia su basi poco solide? A essersi posto la domanda, di recente, è lo studioso Francesco Colafemmina in un saggio pubblicato l'anno scorso da Passaggio al Bosco ( La democrazia di Atene. Storia di un mito). La risposta è "oclocrazia", ossia governo delle masse. Tra massa e popolo corre una bella differenza. Il popolo è un'unità nazionale, mentre la massa un'entità indefinita e, per dirla con Bauman, liquida. In Italia siamo giunti a questo stadio, in cui la classe politica si configura come inetta e impreparata. Le radici di tale deriva stanno, innanzitutto, nella povertà culturale e morale di chi si candida a governare il paese, animato da uno sconsiderato desiderio di liberazione dalla tradizione del passato. La deriva culturale, dicevo, è iniziata, formalmente, con il Sessantotto, e da allora non si è più arrestata. La Scuola è più dissestata che mai, mentre i giovani studenti si ritrovano spesso con famiglie sfasciate, disunite e senza una guida. Oltre alla diffusa ignoranza, si aggiunge la saccenteria di certi adolescenti, i quali sfidano e confutano gli insegnanti per imporre loro un corso di progressismo accelerato, o di femminismo armato ideologicamente, e convincerci che non è giusto studiare Churchill, perché fu un colonialista, e via di questo passo. Risultato: abbiamo una gioventù (non tutta, per fortuna) indottrinata e vittima dei peggiori stereotipi del politicamente corretto. Per tornare alla questione di partenza, questa sciatteria si palesa nelle forme di movimenti politici sconclusionati.
UN'ARISTOCRAZIA POLITICA
Le forme di governo, naturalmente, non sono tutte uguali. La democrazia è, idealmente, l'espressione più matura di come si governa una nazione. Tuttavia, spesso le democrazie più solide sono passate attraverso un sistema monarchico legittimato dal popolo, che ha gettato le basi per una nuova forma di potere parlamentare. L'esempio più illuminante riguarda il Regno Unito. La monarchia costituzionale italiana, viceversa, trovò legittimazione solamente nelle élite del nord. Nel 1946, dopo la parentesi del fascismo, il consenso verté (sebbene permangano ancora dubbi circa il risultato elettorale effettivo) in direzione della Repubblica parlamentare. Essa funzionò, poiché la classe dirigente del tempo costituì un'aristocrazia intellettuale fortemente radicata nella società civile. L'influsso morale, spirituale e culturale della Chiesa ebbe un portavoce laico di grande successo e rappresentativo dell'opinione pubblica: la Democrazia Cristiana. Se guardiamo al presente, troviamo partiti che sono macchine di potere, una classe di governo che è lo specchio della società civile (da cui deriva la degenerazione in oclocrazia) e la mancanza di una solida unità morale. Per fare ripartire l'Italia e darle una coesa unità nazionale serve di nuovo un'aristocrazia parlamentare, magari pensata, per quanto riguarda il meccanismo interno, sulla scia di un esecutivo separato dal legislativo (presidenzialismo americano) e in costante rapporto dialettico con il Parlamento.