Forza Italia, Francesco Paolo Sisto avverte il M5s: "Barbarie giudiziaria, la fermeremo entro l'estate". Nel mirino la prescrizione
«Eleganza e tenacia. Con la ministra Marta Cartabia siamo in un altro mondo rispetto a quello di qualche settimana fa, nel quale non c'erano né competenza, né dialogo. L'amministrazione precedente ha rappresentato per la giustizia uno dei momenti più bui nella storia del Paese». Francesco Paolo Sisto, 65 anni, pugliese, avvocato (anche di Silvio Berlusconi nel processo per la falsa testimonianza di Tarantini a Bari), è il fedelissimo che il Cav ha voluto come sottosegretario alla Giustizia nel governo Draghi. Al deputato di Forza Italia, già presidente della commissione Affari costituzionali, sono bastate poche settimane per capire che a via Arenula il vento è cambiato: «È arrivato davvero il momento di fare, e bene».
La giustizia è sempre stato un tema divisivo, anche nei governi di coalizione tra "simili". Perché ora dovrebbe andare diversamente in una maggioranza dove convivono centrodestra, Pd e M5S?
«Per la testa: c'è un cambio di passo rispetto al passato».
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La ministra Cartabia?
«Finalmente la riflessione giuridica è anteposta all'effetto politico. È finito il tempo delle bandierine piantate senza "senso del diritto". Adesso si respira competenza, tecnicalità, dialogo, rispetto dei principi della Costituzione».
A proposito di valori costituzionali: che succederà sull'odiato - da voi - blocco della prescrizione cavallo di battaglia del M5S?
«Questa barbarie del processo eterno, per consapevolezza generale, non può tenere. Sulla necessità di cambiare, di migliorare questa riforma, spero ci sia condivisione anche da parte del M5S: credo non sia impossibile giungere ad una soluzione».
Cambiare, ma come? E quando?
«Si agirà nell'ambito della delega sulla riforma del processo penale, all'attenzione della Camera. La ministra è stata chiara: fino alla fine di aprile si potranno presentare le proposte emendative, entro l'estate la discussione sulle riforme».
E con i grillini come la mettiamo?
«Mi auguro che non ci siano resistenze stile generale Custer. La democrazia è essenzialmente la capacità di fare le cose. Il dialogo non deve diventare una forma di "martellina" (freno) della necessità di agire. Le nostre battaglie garantiste continueranno, incoraggiati dal nuovo corso del governo. Lo ha ricordato anche il presidente Draghi: la giustizia è economia, è impresa, va adeguata alle esigenze del Paese».
Lei è un garantista della prima ora. C'è qualcosa, al di là delle agende di governo e maggioranza, che sente sia arrivato il momento di fare?
«Sottoporrò all'attenzione della ministra e della maggioranza il tema del processo mediatico, con tutte le sue inaccettabili negatività per il cittadino, in barba al principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza definitiva: oggi basta un'informazione di garanzia (di garanzia!), atto unilaterale del pm, per essere "bollati" quasi definitivamente. Senza parlare di quelle che io definisco le "feste cautelari"...».
Ovvero?
«Il malcostume delle conferenze stampa post arresti, accompagnato dal mancato rispetto del diritto all'oblio, vero moltiplicatore di sofferenze. Il cittadino da tutto ciò va protetto. In aula ci si può difendere, ci sono le regole, le garanzie. Quello che accade nel mondo parallelo del processo mediatico è senza tutela, più insidioso di una sentenza di condanna. È ora di intervenire su questo lato oscuro della giustizia, vero dark side of the moon. E sia chiaro: senza bavagli all'informazione, ma con la misura che i diritti di ciascuno meritano, evitando protagonismi inutili, anche per l'immagine della stessa giustizia. Questo dovrebbe essere un obiettivo di tutti, senza appartenenze, senza differenze di colore».
Il governo ha un orizzonte limitato: quali le priorità?
«Recovery Plan subito, anche per la giustizia. Significa edilizia carceraria e giudiziaria, assunzione di personale, digitalizzazione; poi riforme del processo civile e penale, dell'ordinamento giudiziario e penitenziario».
E la riforma del Csm, dopo il "caso Palamara"?
«È sul campo. La necessità di cambiamento è condivisa, le soluzioni sono aperte. C'è la necessità, su un tema così delicato, di rimboccarsi le maniche e stilare comunque una transazione che, magari, come gli accordi "buoni", lasci tutti un po' scontenti».
La soluzione deve arrivare dal Parlamento o dal governo?
«La soluzione parlamentare è sempre la migliore. E questo governo è nato per rispettare la centralità del Parlamento. Il tempo dei decreti legge a raffica e dell'abitudine a chiedere la fiducia all'Aula è, per buona sorte della democrazia, finito».
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