Vittorio Feltri, l'inconfessabile verità su Gianni Agnelli: "Perché divenne Re d'Italia. Anche da morto..."
Gianni Agnelli, se fosse ancora in vita, compirebbe 100 anni, e invece è morto a 82, non pochi, non molti. Nonostante dal decesso sia trascorso tanto tempo, egli ingombra ancora i ricordi degli italiani, soprattutto dei giornalisti che in questi giorni gli hanno dedicato dei peana. Il Signor Fiat, in effetti, non è stato soltanto l'erede di una grande industria, bensì un essere mitologico, male imitato da una folla di ricchi che invidiavano non tanto il suo patrimonio quanto la sua classe. Egli era elegante, aveva un eloquio pungente e altresì pacato, le sue battute sono storiche.
Gli bastavano dieci parole per emettere sentenze indimenticabili. I compatrioti più che il primo imprenditore del Paese lo consideravano un sovrano, il numero uno, ammirato, lodato e soprattutto perdonato poiché si interessava di tutto tranne che della sua azienda la cui conduzione affidò sempre ad altri allo scopo di evitare rotture di scatole. Quando la sua figura, spesso, compariva in tv, nelle nostre case scendeva il silenzio: ascoltarlo era obbligatorio. Era l'uomo più chic in circolazione, arrotava la erre e le sue frasi cadevano come perle sulle nostre teste proletarie. Il fatto che fosse padrone anche della Juventus contribuiva a renderlo popolare. Del resto, il calcio è più potente della religione. L'intera sua famiglia riempiva le pagine di qualsiasi rotocalco e suscitava adorazione.
Mi dicono fu lui a scegliermi quale direttore dell'Europeo, dato che l'impero Rizzoli all'epoca era di sua proprietà. Eppure non ci credo. Infatti non mi ha mai nemmeno telefonato, eccetto una volta quando ormai dirigevo il Giornale orfano di Montanelli. Avevo scritto un articolo sostenendo scherzosamente che peggio dei giornalisti ci siano solamente gli editori. La mia battuta lo divertì al punto che, ridendo, mi confessò di averla apprezzata. Ne fui lusingato. Poi non ebbi più modo di sentirlo personalmente. La sua esistenza sarebbe tutta da raccontare. Laureatosi in giurisprudenza, egli fu definito da chiunque l'Avvocato, pur non avendo mai praticato l'attività forense.
Venerato e beatificato anche dai suoi congiunti, ebbe tuttavia una vita disseminata di dispiaceri. Il più doloroso la dipartita del figlio, Edoardo, suicida: spirò dopo essersi gettato da un ponte. Era un ragazzo intelligente eppure fragile, forse oscurato dalla personalità del padre. Un individuo come Gianni ritengo fosse ingombrante per chi gli stava accanto e avvertiva l'obbligo di dargli sempre retta. Però qualche pesante difetto ce l'aveva persino lui. Cominciò a lavorare a 40 anni quando i suoi operai a quell'età già cominciavano a pensare al prepensionamento.
In precedenza la fabbrica era stata guidata con perizia da Valletta, il quale consegnò all'erede degli Agnelli un opificio perfetto, di successo, tra i migliori d'Europa, che nei decenni successivi fu ridotto a un rottame, rimesso in piedi da Marchionne e da John Elkann, nipote del defunto Avvocato. Il quale si era costantemente rifiutato di ficcare il naso nelle officine e di affrontarne i problemi. Aveva altri interessi. Per esempio l'arte. Tanto è vero che acquistò a Venezia Palazzo Grassi, qualche tempo dopo miseramente fallito, nel senso che chiuse i battenti.
A un dato momento, in omaggio alla sua inossidabile autorevolezza, Agnelli divenne presidente di Confindustria, ruolo nel quale non brillò avendo introdotto il famigerato punto fisso di contingenza, un autentico guaio per l'economia nazionale. Inoltre il Signor Presidente cedette una cospicua quota della Fiat a Gheddafi, suscitando scalpore e addirittura indignazione, ovvio. Insomma, il bilancio complessivo delle attività imprenditoriali del nostro eroe non è meraviglioso, al contrario fa un po' pena.
Nonostante questo, l'uomo aveva, e mantiene pure da defunto, un carisma senza precedenti. Non può essere un caso. La storia di Gianni andrebbe narrata sulla base della realtà, però nessuno osa farlo. L'Avvocato incute soggezione benché non se ne possano temere le sue reazioni verbali che mettevano a sedere qualunque suo interlocutore. Gianni si è così conquistato l'immortalità. Parce sepulto.