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Dpcm, le cose non cambiano: anche se fatto con Mario Draghi un pasticcio è sempre un pasticcio

Iuri Maria Prado
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Un pasticcio rimane un pasticcio anche se a farlo è il meglio fico del bigoncio. In calce all'ultimo Dpcm, la firma del ministro della Delazione Roberto Speranza non è più accanto a quella di sua eccellenza Strafalcion de' Strafalcioni, Giuseppe Conte, ma vicino a quella più affidabile di Mario Draghi. Ma la sostanza, cioè il pasticcio, non cambia. Resta infatti che la vita sociale ed economica del Paese e le libertà elementari dei cittadini sono regolamentate da un atterello che continua la tradizione dei pieni poteri usurpati nel lockdown della Costituzione, roba buona da sventolare il 25 aprile salvo farne carta da culo nella superfluità del Parlamento che apre i battenti giusto il tempo di dare la fiducia e poi arrivederci.

 

 

DISCUTIAMONE
Se davvero deve essere ancora imposto al Paese il peso di questi assurdi divieti, allora che ci sia una maggioranza che ne discute e poi vota in faccia ai cittadini. Le manifestazioni consentite solo «in forma statica»: cosa succede se un capannello fa due passi avanti? Il divieto di fare «feste» in luoghi aperti al pubblico: quattro amici con birra e pizzette in un giardinetto rimangono nel consentito o stanno facendo un party negazionista? Il limite di «prossimità» entro cui puoi farti la corsetta, e oltre il quale ti esponi a multa, dove sta e chi lo decide? Si potrebbe rispondere che sono cose cui dopotutto si può anche rinunciare, perché si sopravvive benissimo senza fare quattro chiacchiere con qualche amico e senza scendere in piazza per far sapere che siamo stufi marci di questo andazzo. Ma il fatto è che queste cosucce apparentemente disprezzabili sono protette da quella roba là, quella Costituzione che oltre a organizzare il potere dello Stato garantisce qualche diritto a coloro - i cittadini - che vi sono sottoposti. E tra questi diritti c'è quello di decidere quanto vale poter vivere senza una poliziotto che ti controlla, fosse pure per l'esercizio di una libertà insignificante come fare due passi.

 

 

CON QUALI RISULTATI?
Quanto poi queste limitazioni siano state efficaci e davvero funzionali al contenimento dell'epidemia è ben descritto dai successi del modello italiano, ma non è nemmeno questo il punto. Il punto è che, se pure fossero redatte in modo più composto, le decretazioni personali del presidente del Consiglio interverrebbero su materie che la legge sottrae a quel sostanziale arbitrio. Si può discutere se sia giusto tornare a chiudere in casa gli italiani (ognuno può avere la sua idea), ma una cosa è indiscutibile: non potrebbe farlo il professor Mario Draghi, come non avrebbe potuto farlo il suo predecessore.

 

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