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Paolo Becchi, gli effetti devastanti del lockdown: "Per superare la crisi si deve solo riaprire"

Mario Draghi

Paolo Becchi e Giovanni Zibordi
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Anche Confindustria la settimana scorsa è stata costretta ad ammettere che la crisi è prodotta non dalla pandemia in sé, ma dalla politica del lockdown e se Draghi la mantiene ricevere da giugno fondi del Recovery Fund per energia "green" non arginerà la valanga dei licenziamenti, fallimenti, sfratti, pignoramenti in arrivo. Gli Stati Uniti stanno infatti riaprendo, palestre e ristoranti o bar in California, stazioni di sci ad Aspen dove si fanno persino concerti questa settimana, a New York riaprono i ristoranti al chiuso alla sera (in formato ridotto) e persino i parchi divertimenti come Six Flags sono aperti. Texas, Florida e stati governati dai repubblicani hanno riaperto da mesi e non impongono neanche la mascherina.

 

 

Come al solito la borsa anticipa e l'indice delle società che beneficiano del "Re Open" (linee aeree, viaggi e vacanze, hotel, casinò, parchi divertimenti, crociere) sta tornando su molto bene. Noi siamo stati sostenitori di una soluzione Draghi fin dal 30 marzo scorso, perché il crollo del PIL maggiore dal 1943 non poteva essere affrontata da Di Maio, Conte, Gualtieri. Draghi non è però diventato premier perché si è creata l'esigenza impellente di una riforma fiscale o per ridurre lo spread mettendo "i conti in sicurezza", o per vedere se funzionano meglio degli umani gli umanoidi prodotti da Cingolani.

I MOTIVI DELLA CRISI
Semplicemente, i politici non se la sentivano di affrontare la situazione economica grave e per ora sospesa nel limbo dal finanziamento indiretto della Bce e dalla sospensione di cartelle esattoriali, licenziamenti e fallimenti. E la causa non dipende da "fattori strutturali" come l'assetto del fisco, ma dal lockdown, dal coprifuoco, dal divieto di vivere per sopravvivere che ha chiuso in casa milioni di persone. Gli esperti a cui il governo precedente si è affidato erano focalizzati sul virus e oggi parlano solo di "varianti" e cioè del fatto che un virus influenzale muta, cosa che non è mai stata una ragione sufficiente per mettere al confino una intera popolazione di cui l'80% non ha ragioni di temere il virus (la mortalità sotto i 50 anni è addirittura calata nel 2020). Il lockdown però non è la soluzione adottata ora nel mondo, in Asia non se ne parla e non si rispettano "distanze" da mesi. In America viene smantellato, in Russia è ormai ridotto al portare mascherine e persino in Europa la Svezia, che ha seguito la strategia opposta di lasciare che il virus si diffondesse, alla fine è risultata avere una mortalità nella media degli ultimi cinque anni, senza mandare a picco l'economia.

 

 

BASTA ATTESE
Se per togliere il lockdown si vuole aspettare ora i risultati di una vaccinazione di massa passeranno mesi, forse anni. Perché i vaccini arrivano con il contagocce e quelli disponibili sul mercato, il russo e il cinese, non li vogliamo. Per fortuna però nell'ultimo mese cominciano ad avere spazio anche sui media tanti medici che da mesi spiegano che, se curati tempestivamente, i pazienti non muoiono e il problema essenziale è che non si usano i farmaci disponibili. Sono gruppi e anche associazioni, come www.Ippocrate.org ad esempio, di medici di base in maggioranza, che da mesi riportano la loro esperienza nell'evitare il ricovero e l'intubamento dei pazienti e pubblicano le loro tabelle di cura adottate con successo (combinazioni di azitromicina, idrossiclorochina, zinco, vitamina D e corticoisteroidi ad esempio). L'altro approccio è curare tempestivamente i pazienti e ci sono i farmaci per farlo. Vogliamo a tutti i costi la vaccinazione di massa? Ok, compriamo il vaccino russo o quello cinese, come hanno cominciato a fare gli ungheresi, gli austriaci, i cechi e i serbi. Se Draghi continua la politica "cinese" del lockdown nell'attesa di Pfizer o AstraZeneca, prima di riaprire, alla fine non riaprirà più nessuno. Saremo "tutti a casa" per sempre, morti, ma non per colpa del virus.

 

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