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Vaccini, l'esempio del dottore italiano che lavora a Londra: "Sbagliate, meglio fare la prima iniezione a più individui"

Alessandro Gonzato
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«Gli inglesi, parliamo di gente pratica, quando hanno capito che i vaccini potevano arrivare in ritardo - perché anche qui inizialmente c'è stato qualche problema - hanno deciso di somministrare tutte le dosi disponibili senza preoccuparsi di esaurire le scorte per i richiami. Hanno puntato sulla prima immunità, che come per il vaccino antinfluenzale dura alcuni mesi, e hanno fissato il richiamo dopo 12 settimane. I risultati sono evidenti: il numero di nuovi casi di Covid-19 è sceso del 40% nell'ultima settimana, e i decessi sono diminuiti di un terzo. È stato applicato un principio base della medicina, nulla di straordinario, ed è servito a proteggere già circa il 30% della popolazione. Perché l'Italia non l'ha fatto?». L'Italia, il dottor Pierluigi Struzzo, 68 anni, pneumologo di fama internazionale - nel curriculum collaborazioni con l'Oms e la Commissione Europea - l'ha lasciata due anni fa. Da Udine a Londra. «Mi ero stancato dei meccanismi che regolano il settore e mi sono messo sul mercato», dice a Libero. «In un attimo le agenzie che reclutano medici mi hanno contattato». È consultant, l'equivalente del nostro primario, al Queen's Hospital di Romford, nella zona 4, ed esercita la professione come privato all'Italian Medical Clinic London, di fronte al British Museum, in Little Russel Street. Ha lavorato anche come medico di base a Barnet. «Lì amavo correre, la mia passione. Andavo al Regent' s Park... Meraviglioso. Mi perdoni, mi dica».

 

Professore, torniamo alla seconda dose dopo 12 settimane: è stata una scelta dettata solo dai ritardi delle forniture?

«Soltanto all'inizio. Mentre venivano effettuate le vaccinazioni gli scienziati del Regno Unito hanno continuato a studiare i dati e si sono accorti che la fiala successiva è addirittura più efficace se viene somministrata dopo 3 mesi. Gli esperti hanno usato la ricerca per capire se ciò che stavano facendo aveva riscontri positivi, e ora la Public Health Scotland ha pubblicato i risultati. Però mi scusi, la domanda da farsi è un'altra». Quale? «Perché l'Italia tiene le dosi in frigorifero invece di somministrarle?».

In Inghilterra un terzo della popolazione ha ricevuto la prima dose. Sarà uno dei primi Paesi del mondo a ripartire.

«In un mese i medici di medicina generale hanno effettuato 10 milioni di vaccinazioni». Qui forse ci arriveremo a giugno «Aspetti. Sono appena usciti i nuovi dati suddivisi per aziende sanitarie: nelle 135 del Regno Unito è stata raggiunta la copertura quasi totale degli over 70, salvo 17 che ancora sono sotto il 90%. Ce n'è una a Londra che è al 67».

Un altro mondo.

«La media è circa del 97%, e pensi che qui si lamentano, non sono del tutto soddisfatti. Il problema maggiore, ora, è quello di vaccinare il Bame, ossia le minoranze di colore e gli asiatici. In ogni caso di questo passo il governo è convinto che il 31 luglio sarà stata vaccinata almeno una volta tutta la popolazione a rischio, quella dai 16 anni in su, ovvero 53 milioni. Il 31 ottobre è prevista la fine dei richiami».

Anche contro le varianti?

«Con quelle partiremo a ottobre».

 

 

 

Anche lì, tra la gente, quella inglese fa così paura?

«Sì, è uno spauracchio, però alla fine la popolazione è molto più soft, la vive come una possibile complicanza del Covid, così come la variante sudafricana, brasiliana e le altre, tanto che il premier Johnson ha già dato la road map per la progressiva riapertura del Paese».

Dove vaccinate?

«Dappertutto. Siamo partiti con 55 ospedali - io ho vaccinato fino al 4 febbraio - e poi ci siamo aperti ai territori: centri congressi, palestre, ambulatori. Chi non può perché ha lo studio troppo piccolo si mette a disposizione una volta alla settimana in altre strutture. Come mai in Italia non hanno chiesto chi aveva gli spazi per farlo? Perché non hanno detto ai medici di partire subito? È mancata la capacità di fare, di coinvolgere».

Come funziona il sistema di prenotazione?

«Non esiste: sono i medici e gli infermieri che chiamano la gente. Qui c'è il Public Health di Londra che decide: basta, gli altri eseguono».

La Valle d'Aosta ha seguito il metodo anglosassone per la prima dose e ha avuto enormi benefici.

«Chiaro, il concetto è semplice: gli anticorpi cominciano a svilupparsi dopo 9-10 giorni, ti puoi ancora infettare, è vero, ma quasi mai in forma grave, e soprattutto produci meno Covid, perché se l'organismo è protetto il virus non lo utilizza per replicarsi. Ci si infetta meno, ci sono studi che lo dimostrano».

Lei quando ha ricevuto la prima dose?

«Il 22 gennaio».

L'Inghilterra è una macchina da guerra anti-Covid, però all'inizio ha commesso diversi errori

«Non c'è dubbio, ma quando Johnson ha visto la malparata ha detto "Altolà, si deve cambiare". Ha sbandato, però ha riportato velocemente il sistema in carreggiata. Avrebbe potuto e dovuto farlo anche l'Italia, dato che è stato il primo Paese dopo la Cina a conoscere il Covid». 

 

 

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