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Beppe Grillo tratta da imbecilli i grillini ribelli: ma quale "transizione cerebrale?"

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Francesco Specchia
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Chiamatela "sindrome della transizione cerebrale". «Per capire col cervello bisogna prima sentire col cuore. È di una transizione cerebrale che abbiamo bisogno». Cuore, cervello e realpolitik. Quando Beppe Grillo, dal suo blog, intreccia un discorso aulico sul futuro del M5S, si rivolge ai propri dissidenti con la levità d'una mazza ferrata. Li avverte: svitatevi la testa, cambiate i neuroni, e accettate Draghi, la «miglior soluzione possibile». Dà, in pratica, dei decerebrati a quella frangia di parlamentari del Movimento 5 Stelle che non si accontenta dei ministeri assegnati «ai nostri Di Maio, Patuanelli, D'Incà e Dadone»; ma che ritiene - forse non a torto - di aver perso completamente il controllo dei ruoli chiave nell'esecutivo. E i ribelli, qui, sulla carta, sono una folla. 

 

C'è Barbara Lezzi ex ministro per il Sud: col solito dentino avvelenato, rileva che «non c'è il super-ministero che avrebbe dovuto prevedere la fusione tra il Mise e il ministero dell'Ambiente oggetto del quesito»; e che quindi urge rivotare su Rousseau e che «è evidente che, in assenza di riscontro, al fine di rispettare la maggioranza degli iscritti, il voto alla fiducia deve essere No». La qual cosa, in pratica, è un modo per incornare i governisti ed evitare di essere espulsa in punta di regolamento (e intanto una manina fa spuntare una petizione sulla piattaforma Charge.org). 

C'è il mitico Nicola Morra che afferma di «non potere avere fiducia in un governo che mi sembra essere "Jurassic Park", con il recupero di mostri del passato». E il riferimento, ça va sans dire, è ai ministri leghisti e, soprattutto, berlusconiani. Ci sono i peones che si scoprono duri e puri. Tipo il senatore Emanuele Dessì: «Stamattina invece è tutto molto chiaro e mi permette di poter affermare con sicurezza che voterò "No" al governo Draghi. Ci sarà modo, fin dalle prossime ore, per discutere insieme sui motivi di questa scelta»; o la deputata Margherita Corrado, che contesta sempre e comunque la presenza di Dario Franceschini ancora alla Cultura: «Errare è umano ma perseverare è diabolico e un Franceschini ter, di nuovo assentito dal M5S, non lo reggo». C'è Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, che suggerisce «un appoggio condizionato» a un governo dove, curiosamente, ci sono i suoi dentro. C'è Giuseppe D'Ambrosio alla Camera, l'ultimo a lasciare il Movimento.

 

Ma, su tutti, svetta soprattutto lui, l'Alessandro Di Battista. Dibba che odia Berlusconi «l'uomo delle leggi ad personam» con tutte le sue forze e, coerentemente, dà l'addio ai 5 Stelle. Forse ritirandosi a vita privata stile Cincinnato. O forse ergendosi a condottiero di un'ala oltranzista di minoranza che potrebbe trasformarsi in uno spin off del Movimento non lasciando l'appannaggio dell'opposizione alla sola Meloni. Ieri sera il capo politico Vito Crimi ha provato a tenere a bada l'assemblea rivoltosi: «Draghi mi ha chiamato con la lista dei ministri già fatta; è un esecutivo nato con i partiti alla cieca. Da Fi e Lega non potevamo aspettarci Gandhi e Luther King e ancora: «Draghi sa che se alza un sopracciglio muove miliardi». Ma gli ortodossi ribollono. In Parlamento si contano 92 senatori e 190 deputati del M5S; pure se ne staccassero una quarantina, sarebbe un problema in più per i gruppi parlamentari già abbastanza balcanizzati. Ed è proprio per rimetter tutti in riga che Grillo, l'Elevato, si è affidato al blog stoppando i ribelli nel post titolato «Ragazzi del 2099. Transizione cerebrale». «13 febbraio 2021. Vi ricorderete questa data. Perché da oggi si deve scegliere. 

O di qua, o di là. Scegliere le idee del secolo che è finito nel 1999 oppure quelle del secolo che finirà nel 2099», scrive il fondatore. «Se riesci a commuoverti per il futuro, allora sei un "ragazzo del 2099". Allora credi che il benessere non voglia dire produrre di più, ma vivere meglio. Credi che le persone contino più delle cose, nel cielo vuoi più rondini e meno satelliti, nei parchi vuoi più lucciole e meno display». Tutto questo, in sintesi, per dire alla fronda interna: «Non rompete le palle». Anche il «superministro per la transizione ecologica», Roberto Cingolani, sarebbe un nome fatto dallo stesso Grillo. Anche perché, o Draghi o morte: se si andasse al voto anticipato il Movimento ne uscirebbe decimato (e l'Elevato lo sa bene). La previsione tecnica? Finirà a tarallucci e vino: i governisti hanno vinto. I M5S dissidenti invincibili in Parlamento non sono i coerenti, ma coloro i quali sanno perfettamente di non esser ricandidati. E nel Gruppo Misto non è necessario versare quote di stipendio a chicchessia...

 

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